La storia dietro il fumetto "Quando non mi vedi."

La storia dietro il fumetto "Quando non mi vedi."

Inizialmente questa storia aveva un’ altro titolo “l’Orfano e la Balena”, inizialmente questa storia aveva dei protagonisti in carne ed ossa, inizialmente questa storia era una storia vera.

Tutto è iniziato 7 anni fa quando il Centro di psicoanalisi Dedalus, dove lavoro, venne chiamato per intervenire, in urgenza, su una difficile situazione di bullismo in una scuola media di Bologna. Gli episodi di violenza, di cui si vociferava ormai da tempo, erano venuti inequivocabilmente allo scoperto: una minaccia col coltello alla fermata dell’ autobus, gli adulti se ne accorgono, il Dirigente scolastico viene avvisato, le Forze dell’Ordine coinvolte, Dedalus ingaggiato.

Questo è l’incipit della storia vera e questo è l’incipit del fumetto.Tutto ha inizio. Per più di un mese abbiamo incontrato i ragazzi ogni settimana, abbiamo lavorato con loro imparando a conoscerli, aiutandoli a comprendersi, cambiando le dinamiche di un gruppo che sembrava segnato per sempre da questi comportamenti devianti. Ricordo bene che prima di entrare in aula ero spaventata, non sapevo cosa mi aspettava, non conoscevo chi avrebbe lavorato con me: erano pronti? Volevano mettersi in gioco? Erano feriti? Erano impauriti da tutti questi eventi più grandi della loro piccola età? Anche questo ingresso a scuola con l’illustratore Massimo Pastore abbiamo deciso di renderlo il più possibile simile all’ evento originale: la professoressa che mi rassicura mettendomi un braccio attorno alle spalle e la prima occhiata alla classe, un’istante, uno scambio di sguardi tra me e loro. Eccoci!

Il caso è stato chiaramente reso irriconoscibile, ma abbiamo tenuto degli elementi reali e narrativi che rendono questa storia emblematica e universale. La difficoltà maggiore è stata quella di non trasformarla solo in una vicenda di cronaca, un’avventura violenta e cruda, schiacciando il lavoro fatto con i ragazzi alla semplice narrazione degli eventi. La tecnica del disegno ha permesso all’ illustratore di tenere continuamente in tensione il piano simbolico con quello della realtà dei fatti. Le ampie possibilità dell’arte hanno consentito di restituire alla esposizione degli eventi lo spessore del percorso inconscio che i protagonisti hanno compiuto nel tempo trascorso insieme.

Ho stimato molto i ragazzini che ho incontrato, ho stimato il loro coraggio, la loro spinta al cambiamento, il loro desiderio di trovare una soluzione nuova ad una situazione che li faceva soffrire, la loro capacità di dire di si all’ adulto, proprio quando l’ adulto sembrava tagliato fuori da ogni possibile relazione d’aiuto. Non si sentivano visti, avevano costruito una loro società segreta con regole e gerarchie capaci di regolare ogni rapporto, non si fidavano più dei grandi, percepiti troppo distratti per intervenire sulle loro sofferenze, troppo occupati per capire le loro fragilità. “Quando non mi vedi” è un titolo che mette in risalto proprio questa dimensione di isolamento e distanza tra il mondo degli adulti e quello dei ragazzi, che si ritrova sempre nel bullismo. L’ atmosfera che l’illustratore Massimo Pastore ha tenuto come sfondo di tutta la narrazione è proprio quella della solitudine, anche nei momenti di aggregazione e di scambio, atmosfera che sembra rarefarsi solo sul finale quando i ragazzi riescono a tornare a scherzare con la leggerezza e la spensieratezza che dovrebbero appartenere alla loro età.

Mario, Jessica, Eleonora, Bonetti questi gli unici personaggi che abbiamo scelto di chiamare per nome, gli altri esistono, si muovono all’ interno degli eventi senza un nome proprio. Abbiamo fortemente voluto che rimanessero solo questi quattro i protagonisti iconici di questa avventura. Come le maschere teatrali hanno caratteristiche e peculiarità universali. Nella vita di ciascuno di noi abbiamo incontrato o siamo stati noi stessi delle persone come loro. In ognuna delle nostre classi, tra i nostri gruppi di amici siamo incappati in un Bonetti, una Jessica un’ Eleonora e un Mario. Li abbiamo conosciuti lungo la nostra esistenza i loro volti in carne ed ossa, sappiamo tutti di chi stiamo parlando quando pensiamo a loro. Sarà facile affezionarsi, identificarsi, scegliere il proprio preferito, fare il tifo, arrabbiarsi e commuoversi.

Non troverete leggendo questa vicenda i buoni e i cattivi come siamo abituati ad incontrare quando ascoltiamo le storie di bullismo, non sono la morale e la buona educazione ad orientare questo racconto. Tutta la faccenda comincia con la legge degli adulti che sa chi sono i bravi e i delinquenti li indica, li nomina. Mano a mano che la narrazione procede si finisce col farsi una propria opinione personale senza nessuna guida se non quella della verità. Si inizia con delle indicazioni specifiche su come leggere la realtà dei fatti e piano piano le coordinate ferree e rassicuranti crollano. Da quando il progetto finì, 7 anni fa, ho sempre avuto il desiderio che tutto quello che è accaduto, nel poco tempo che ci siamo conosciuti e abbiamo lavorato insieme, venisse restituito ai ragazzi. Con Dedalus abbiamo parlato spesso di questo caso in incontri e convegni tra colleghi, ma volevo che fossero i più giovani ad avere a che fare con questa vicenda, perché parla di loro e soprattutto a loro.

Il fumetto ci è parso da subito il linguaggio più adatto per compiere questa operazione di restituzione, un linguaggio caro ai giovani e capace di evocare senza l’obbligo didascalico di spiegare tutto. L’incontro e la vittoria di un bando europeo ci ha permesso di realizzare tutto questo e di poter regalare 150 copie di “Quando non mi vedi” alle scuole, ai centri giovanili e alle associazioni sportive del quartiere Porto Saragozza di Bologna. Ci auguriamo che il fumetto possa arrivare nelle librerie di tutti quei ragazzi che si sentono smarriti, non visti, distanti da un mondo da cui non si sentono compresi. Ci auguriamo che li faccia sentire meno soli, meno ingabbiati e meno invisibili. Ci auguriamo che arrivi nelle librerie di tutti quegli adulti che hanno le idee chiare, che hanno capito tutto, che hanno compreso come funzionano i giovani. Ci auguriamo che confonda loro le idee, faccia crollare le risposte, li riempia di domande e smuova il desiderio di guardare a fondo dentro un mondo che non vedono.

Arianna Marfisa Bellini

 

Pubblicato da Dedalus Bologna il