"Giocala", commento alla canzone di Vasco Rossi.

"Ci fosse anche solo una probabilità, prendila prendila prendila!"

"Giocala", commento alla canzone di Vasco Rossi.

 Il senso di questa canzone è racchiuso tutta qui, nel suo titolo che diventa quasi un imperativo categorico: giocala!

In epoca contemporanea siamo continuamente circondati da messaggi esortativi: i media, il discorso sociale, il linguaggio pubblicitario mirano tutti a ricordarci che dobbiamo godere. Cancellare i segni del tempo, combattere i sintomi influenzali, eliminare i chili di troppo, estirpare i peli superflui, i brufoli, i capelli bianchi, la stanchezza, gli stati d'ansia, la fame nervosa, ogni sintomo va necessariamente fatto scomparireogni mancanza va occultata, negata, tolta dalla nostra vita. Godi! Godete! Senza responsabilità, senza legami, senza dovere, senza sosta, senza stanchezza, godiamo!

Poi c'è Vasco che, come sempre contro corrente, di esortazione ne fa una profondamente diversa: giocala!

Giocare una partita, una partita qualsiasi in qualunque campo, porta intrinsecamente con sé la possibilità di perdere. La pedagogia educativa ci insegna che i bambini fino a sei anni non sono in grado di comprendere la questione del vincere o del perdere, un esempio di questo lo troviamo nei giochi in scatola che per questa fascia di età sono costruiti attorno al concetto di cooperazione. Gli educatori sanno bene che anche i giochi che vengono proposti al gruppo dei bambini in età prescolare non possono prevedere un vincitore e un vinto.

La psicoanalisi ci aiuta a comprenderne il perché: fino all'ingresso nell'Edipo icuccioli d'uomo non si misurano in alcun modo con la perdita, la perdita in senso simbolico. Sono amati, sono accuditi, sono protetti, i genitori e gli adulti con cui hanno a che fare si occupano interamente di ogni loro bisogno.
I bambini non sono tenuti a fare niente, non hanno nessun dovere, possono semplicemente godere del loro stato di bambini.
I bambini sono capricciosi, maleducati, egocentrici, pieni di pretese ed esenti da alcun dovere, tranne quello di esistere. Gli adulti sono ripagati di ogni sforzo dalla sola essenza dei bambini che sono teneri, carini, buffi e dolci. Come sottolinea una celebre scena del film d'animazione Shrek, il gatto può ottenere ciò che desidera senza dover combattere ma semplicemente mostrando i suoi occhioni da cucciolo.
Per ogni infante essere al mondo, esistere è l'unico sforzo necessario per entrare in relazione, per essere amati, per raggiungere la propria soddisfazione.
Con il sopraggiungere del tempo dell'Edipo la situazione invece si modifica, il nome del Padre irrompe sulla scena interrompendo questa illusoria condizione di idillio, spalancando le porte all'altrove. Il bambino apre gli occhi e si accorge che la mamma ha un altro amore oltre lui, che lui non è l'unica ragione di vita di questa donna, scopre che la mamma ama il papà, il suo lavoro, le sue amiche, i suoi libri, il suo sport... Insomma la mamma ama anche altro. C'è un rivale, spesso anche più di uno, c'erano sempre stati e lui non se ne era mai accorto del pericolo che correva: qualcosa o qualcuno potrebbe portargli via la mamma. All'improvviso capisce che può perderla e con lei la sicurezza del suo amoreEsistere non è più sufficiente a tenerla legata a sé, comprende che la sua certezza era solo un'illusione e che ogni giorno della sua vita dovrà fare qualcosa per vincere sul suo rivale.

La partita ha inizio.
Quali siano le migliori strategie da mettere in campo nessuno lo satentarle tutte è l'unica via possibile.
Comincia quello che Freud chiama il "periodo di latenza" che durerà fino alla pubertà. In questi anni l'unico interesse del bambino è capire come conquistare gli adulti che ama, per dirla con Lacan: fare i conti con il desiderio dell'Altro. Essere buono, essere discolo, essere bravo, essere l'ultimo della classe, essere timido, essere sfacciato, essere simpatico, essere femminile, essere maschile, essere dolce: il bambino gioca, fa finta di, si prepara per l'età adulta controllando le più piccole espressioni dell'Altro ad ogni suo cambio d'abito. Prova ad essere un conquistatore, cerca, come un vero innamorato, di comprendere il desiderio dell'Altro al di la delle sue parole, al di la dei gesti quotidiani. Ecco poi sopraggiungere l'adolescenza in cui tutte queste prove di abiti e maschere vanno finalmente rese uno spettacolo di fronte ad un pubblico pronto ad applaudire o a fischiare. La vita chiama: è ora di andare in scena. Iprimi spettacoli solitamente o sono molto noiosi o sono un insuccesso clamoroso. Forse è colpa del pubblico, del teatro, della madre che non ha dato abbastanza soldi per gli abiti di scena, del padre che non ha permesso di fare lo spettacolo all' ora giusta imponendo il coprifuoco. Forse.
Allora basta, io non gioco più!

Spesso i ragazzi si chiudono in casa, su internet, con i libri, la musica il cellulare.
Se fino a pochi anni fa i genitori ci telefonavano allarmati per i sintomi dei figli (disturbi alimentari, droghe, ansia, attacchi di panico…) negli ultimi tempi ciò per cui ci chiamano, che li preoccupa dei propri ragazzi è la loro tristezza. Il continuo parlare e straparlare dei sintomi mentali da parte dei media sembra averli resi fin troppo disangoscianti. Se i figli hanno un disturbo alimentare, una tossicodipendenza ecc. i genitori sanno perfettamente come muoversi, chi chiamare, chi contattare, a chi rivolgersi per farli aggiustare.
Se anni fa abbiamo avuto esplosioni di disturbi alimentari precoci il fenomeno ora sembra essersi arginato. Sono sintomi a cui il sociale ha tolto la dimensione di mistero, di enigma. I media hanno dato l'illusione di un sapere assoluto, saturo che non lascia spazio a fallimenti. Questi sintomi sembrano non fare più segno per le famiglie, non le preoccupano più, non le fermano più rispetto al loro agire quotidiano.

È la tristezza, ciò che allarma i famigliari: i figli che nonostante abbiano tutto sono infelici. Una delle risposte che i ragazzi danno sempre più frequentementeall'imperativo godi è il ritiro sociale, l'apatia, la chiusura delle amicizie.
Non per ribellarsi, anzi, per aderire totalmente all'esortazione famigliare del godi imperativo. Godi senza inciampisenza rischio di perdere: quale modo migliore per farlo rimanendo chiusi in casa, lontano dalle relazioni reali.

La dipendenza da internet ad esempio si incastra perfettamente in questo discorso. In Dedalus ascoltiamo spesso i genitori dire che sicuramente è meglioche stia in casa al computer piuttosto che al parco dove si possono incontrare compagnie sbagliate. Il messaggio è sempre lo stesso e il rischio è che unadolescente possa trovare questo discorso molto rassicurante e vi si possa accomodare. Però poi sopraggiunge la tristezza, improvvisa, si allarga ed invade il soggetto. La tristezza giunge ed è la ribellione sopita che si risveglia nel corpo, l'apertura alla vita che smuove il discorso.

Ci scrive un papà:
com'è possibile che faccia quello che vuole, se ne stia sdraiato tutto il giorno sul divano con il computer sulle ginocchia e sia pure triste? Non gli chiediamo niente, neanche di occuparsi delle cose di casa, ma lui è triste.
Salta la logica del discorso famigliare: come mai lo facciamo godere tutto il giorno e nonostante questo non è un ragazzo felice? Ultimamente i ragazzi vengono portati dai genitori in Dedalus per questa tristezza che li angoscia e che non sanno comprendere. Sempre più spesso i genitori accompagnano, firmano i moduli, poi i ragazzi rimangono soli con il terapeuta a cominciare il loro discorso. Perché sei triste?

Una coppia di genitori qualche tempo fa ci disse: scoprire perché nostro figlio è triste non è nelle nostre competenze, l'abbiamo portato qui perché voi siete degli esperti.
Ed il lavoro dell'analisisoprattutto con i ragazzi, è il lavoro che avviene in questo spostamento tra il godi e il giocala. L'analista si pone nell'incontro come un'Altro pronto ad ascoltare l'inciampo, le cadute, le figuracce, gli sbagli, le vergogne.

La tristezza giunge perché se si gode non si perde mai, è vero, ma non si può neppure mai vincere. La tristezza giunge perché nel godimento la vita risulta piatta, senza possibilità di incontri di alcun genere. La tristezza giunge perchéin panchina si è sempre tristi.

Puoi giocare la tua partita quando sarà il tuo momento, questa la promessa dell'analisi.
Giocala! Questo il desiderio dell'analista.www.flashgiovani.it

 

Pubblicato da Dedalus Bologna il