Finiva così il nostro mese alla festa dell’Unità, con i Primi33 che ci regalavano “la canzone del sole” in un acclamatissimo Bis.
La piazza ballava e cantava a squarciagola mentre partivano abbracci e lacrime e brividi.
Finisce così con una grande festa, con la musica giusta: colonna sonora perfetta di questo difficile addio.
Senza troppe parole stavolta Fedro, Giambo e Gatto, le tre voci del gruppo, hanno lasciato che le canzoni la facessero da padrona, toccando una gamma di emozioni variopinte.
Giambo ha commosso con la sua interpretazione di Henna ( Lucio Dalla) e Gatto ha fatto ridere e cantare con la sua ironica versione di T’appartengo (Ambra).
Fedro seduto sulla poltrone del regista, per l’intera durata del concerto ha variato ritmo e genere tenendo il pubblico a bagno nelle proprie diverse e sorprendenti emozioni.
“Canta che ti passa” era il sottotitolo di questo concerto dei Primi33 : la promessa è stata mantenuta. Canta di cose che ti fanno ridere, canta di cose che ti fanno piangere, canta della gioia e canta del dolore, canta della sconfitta, canta delle delusioni, canta di parole straniere che non capisci e che storpi, canta a bassa voce, canta a squarciagola, canta virtuoso, canta stonato, canta da solo in ultima fila, canta abbracciato agli amici nel mezzo della festa. Canta la vita tutta.
Questo ci ricordavano i Primi33 con il loro repertorio senza clichè.
La vita tutta è quella che abbiamo incontrato in questo mese fuori dallo studio, mettendo in gioco competenze sopite nel lavoro quotidiano, relazioni nuove, equilibri da costruire e grande lavoro di squadra, una squadra allargata con compagni che prima erano sconosciuti ed ora sono legami e nostalgie.
Mentre scrivo questo scorrono veloci le immagini di questi 28 giorni. Cosa ci faceva Dedalus alla festa dell’Unità 2014 con il suo banchetto e con il suo progetto?
Cosa ci faceva lì, associazione tra le associazioni, vicina di casa degli amici dei gatti, dei donatori di organi, degli attivisti palestinesi, dei medici in missione nei paesi di guerra, dei monaci che disegnavano i loro mandala, di un imam che faceva laboratori per bambini, delle guardie forestali, dei viaggiatori umanitari nel sud del mondo?
Cosa ci faceva lì ad organizzare i suoi eventi al bar gestito da un gruppo di ragazzi del Cassero?
Cosa ci faceva lì in mezzo ai politici, agli amministratori, al pane fresco, ai bar, alle birrerie, al Lunapark ed al Circo?
Ce lo siamo chiesti a lungo prima di intraprendere questa avventura ed anche durante questo intenso mese di lavoro.
Come la psicoanalisi ci ricorda, anche stavolta la risposta è arrivata in apres coup, retroattivamente, improvvisamente, come una sorpresa.
Come alla fine di un percorso analitico dove tutto ciò che si è scoperto si era sempre saputo ma non lo si conosceva, la risposta è giunta a sorpresa.
Come ci ha ricordato per tutto il tempo la frase di Lacan stampata sulle borse di tela del nostro stand: “l’inconscio non é perdere la memoria, ma non ricordarsi di quello che si sa”.
Così la risposta è venuta da se, mentre ascoltavo la piazza cantare “mare nero mare nero mare ne…..”
Dedalus alla Festa del’ Unità faceva quello che fa ogni giorno nel suo studio di via Marconi 20: cantava la vita tutta e la ascoltava cantare.
Perché ascoltare la vita, ascoltarla in tutti i suoi particolari intimi, inverosimili, angoscianti, commuoventi, banali e sorprendenti è il nostro mestiere, è il nostro desiderio. Incontrare i soggetti uno per uno, senza censure, senza preconcetti, senza alcun giudizio è ciò che ogni mattina ci fa girare la chiave nella toppa della porta blindata, accendere le luci degli studi e far partire l’iPod in attesa del primo paziente.
La passione per la vita, per gli incontri, per la varietà, per l’imprevedibilità è ciò che caratterizza il lavoro di Dedalus e lo appassiona quotidianamente.
La festa dell’Unità è stato proprio questo: un pieno di storie, sentimenti, relazioni, racconti, contingenze.
Grazie a tutti, in questo tempo di nostalgie, per ogni singolo istante.
Agli organizzatori, ai nostri vicini di stand, alle persone che hanno lavorato con noi, a tutti coloro che sono diventati amici ed a tutti coloro che sono rimasti sconosciuti: grazie di cuore!
Si chiude il sipario, lo spettacolo finisce .
Dedalus torna a casa, da dove non è mai partito e dove sente di dover sostare per ricordare.
Non esiste ricordo senza nostalgia.