QUANDO DALÍ HA INCONTRATO FREUD

L’icona del Surrealismo incontrò il padre della psicoanalisi il 19 luglio 1938.

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L’icona del Surrealismo incontrò il padre della psicoanalisi il 19 luglio 1938.

Il cranio di Freud è una lumaca! Il suo cervello ha la forma di una spirale – da estrarre con un ago!” – Salvador Dalì

L’unico incontro di Salvador Dalì con Sigmund Freud fu alquanto bizzarro.

I due si incontrarono il 19 luglio 1938 a casa di Freud a Londra, dove era arrivato solo poche settimane prima come rifugiato in fuga da una Vienna occupata dai Nazisti.

Al momento del loro incontro, sia Freud che Dalì godevano di ampia popolarità.

Freud, che all’epoca aveva già 81 anni, era considerato un prestigioso intellettuale. Dalì aveva solo 34 anni ma si era già distinto come figura chiave del movimento surrealista.

Dalì stava cercando di conoscere Freud già da tempo.

Come molti surrealisti, venerava la psicoanalisi a causa del suo nuovo, radicale, illuminante approccio alla vita psichica. Da studente, a Madrid, si era immerso nella lettura delle opere di Freud su inconscio, sessualità e sogno.

Dalì desiderava incontrare Freud. Si era già recato varie volte a Vienna senza riuscirci.

Invece, scrive nella sua autobiografia, passava il tempo “facendo lunghe e approfondite conversazioni” con il suo eroe, arrivando a fantasticare “che venisse da me una sera, aggrappato alle tende della mia stanza all’Hotel Sacher.”

In un caso fortunato per Dalì, i due avevano un amico in comune: l’autore austriaco Stefan Zweig, anche lui esiliato a Londra, che organizzò un incontro.

Freud aveva un atteggiamento diffidente nei confronti dei surrealisti.

Il suo gusto artistico era piuttosto tradizionale: era un ammiratore dei Grandi Maestri e non sembrava avere tempo per i movimenti d’avanguardia che stavano emergendo in quel periodo.

Inoltre, aveva le sue buone ragioni per diffidare dei surrealisti. Nel 1921, André Breton, leader del movimento surrealista, si era presentato alla sua porta senza essere stato invitato e Freud l’aveva ricevuto freddamente. Questo episodio aveva portato Breton a pubblicare un attacco pungente a Freud, apostrofandolo con parole quali “un vecchietto privo di eleganza” nel suo “squallido studio degno di un medico della mutua di provincia”.

Più tardi ci fu anche uno scambio pieno di tensione quando Breton accusò ingiustamente Freud di avere plagiato delle parti della sua teoria sui sogni.

Per questo motivo Freud poteva essere sospettoso di Dalì.

Dalì portò con sé la sua ultima opera, La metamorfosi di Narciso. Il quadro rappresenta una raffigurazione surrealista del mito greco di Narciso, il bellissimo cacciatore che si innamora della propria immagine riflessa in uno stagno.

In una metà della tela Narciso viene rappresentato mentre si specchia nell’acqua, Nell’altra metà viene riprodotta la stessa forma ma rappresentante una mano che sostiene un uovo crepato da cui germoglia un fiore di narciso.

Le doppie immagini sono elementi chiave dell’arte di Dalì, caratteristiche soprattutto del metodo paranoico-critico, di cui questo dipinto è il primo manifesto completo.

Secondo Dalì, l’incontro si rivelò un fiasco. Sperava che la sua opera lo facesse entrare nelle grazie di Freud. Pare che questi abbia commentato “nelle opere classiche cerco l’inconscio mentre nelle tue opere cerco il conscio”, parole che Dalì interpretò come una critica.

Dalì voleva apparirgli come “una specie di dandy di intellettualismo universale” che Freud avrebbe dovuto prendere sul serio e considerare come un collega ricercatore.

Oltre al dipinto, Dalì gli portò un articolo di giornale sulla paranoia scritto da lui, ma Freud “continuava a guardarmi senza prestare minimamente attenzione all’articolo”.

Nel tentativo di catturare il suo interesse, gli spiegai che non si trattava di un escamotage surrealista, piuttosto di un articolo dall’ambizioso contenuto scientifico, e gli rilessi il titolo, mostrandoglielo contemporaneamente con il dito. Di fronte alla sua imperturbabile indifferenza, la mia voce assunse involontariamente un tono più tagliente ed insistente”.

Mentre Dalì si sentiva vacillare davanti al suo idolo, apparentemente Freud si stava facendo un’opinione alquanto bizzarra su di lui. “Continuava a scrutarmi con una fissità in cui pareva convergere tutto il suo essere” scriverà Dalì che, voltandosi verso Zweig esclamò “Non ho mai visto un esempio di individuo spagnolo migliore di questo. Che esaltato!”

Ma Freud dimostrò di essere più colpito di quanto Dalì temeva.

Il giorno successivo all’incontro scrisse a Zweig:

Ho davvero motivo di ringraziarti per la presentazione che mi ha portato il visitatore di ieri. In quanto fino a ieri tendevo a ritenere i surrealisti – che sembrano avermi scelto come il loro santo patrono – totalmente (diciamo il 95% di loro, come con l’alcool) eccentrici. Quel giovane spagnolo, tuttavia, con i suoi occhi candidi ed esaltati e la sua indiscutibile maestria tecnica, mi ha portato a riconsiderare la mia opinione.

Durante l’incontro Dalì produsse un certo numero di schizzi di Freud con l’idea, probabilmente, di fargliene avere questo in regalo.

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Nelle sue Memorie, Dalì dichiara che l’idea del ritratto gli venne mentre, mangiando un piatto di lumache in un ristorante in Francia, notò una foto di Freud su un giornale.

Emisi un forte gemito. In quel preciso momento avevo rivelato il segreto morfologico di Freud! Il suo cranio è una lumaca! Il suo cervello ha la forma diuna spirale – da estrarre con un ago!”

Zweig, tuttavia, ritenne che il ritratto lo facesse assomigliare più che ad una lumaca ad un teschio, simbolo della sua morte incombente. Ed è forse per questo motivo che quel ritratto non gli venne mai mostrato.

Articolo pubblicato su Education Blog da Stefan Marianski il 4 febbraio 2019

Tradotto dall’inglese dalla dott.ssa Gloria Barioni

 

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