“Empatica” un braccialetto per misurare le emozioni. Tutto questo potrà garantire la felicità?

PER IL BLOGEmpatica

Nei giorni scorsi leggevo un articolo su tre ricercatori italiani che hanno inventato un braccialetto che misura il livello dello stress attraverso il battito cardiaco, la temperatura corporea, la conduttività della pelle. Il braccialetto si chiama “Empatica”, ciò che rileva nel soggetto che lo indossa lo trasmette direttamente al suo cellulare con i risultati, il livello di stress. Questo progetto come altri di cui si parla nell’articolo sopracitato hanno diversi obiettivi: prevenire le possibili malattie che derivano dallo stress, controllare e misurare l’emozioni per ripararsi dalla depressione o da altre alterazioni dell’umore. Idee molto ambiziose tuttavia mi sorgono una serie di domande: fino a che punto è lecito misurare l’emozioni? Lo stress è un indicatore di possibili future malattie ma la standardizzazione e la misurazione comporta che tutti devono o non devono essere stressati
allo stesso modo? E chi dice che questo vada bene per tutti? 

Ci sono esseri umani che producono maggiormente, lavorano, praticano lo sport, amano, solo con maggiori livelli di stress, quello è il loro modo di funzionare. Preciso che noi psicologhe di Dedalus Bologna non professiamo “stress per tutti”, tenere a bada lo stress per il benessere psicofisico è importante.

Chi dice che il soggetto se terrà a bada le emozioni e avrà un livello di stress accettabile sarà una persona felice? Nessun braccialetto, diario o app sul proprio smarthphone potrà garantire questa condizione di vita. E allora che fare?

Il sintomo è la parola dell’inconscio

Per la psicoanalisi, in www.dedalusbologna.it, quello che proponiamo ai soggetti che domandano aiuto perchè sono depressi, stressati, infelici, impanicati, anoressici, ecc, è di mettersi prima di tutto in un assetto di ascolto, di sentire, non tanto le variazioni fisiologiche che avvengono sul corpo, quelle sono una conseguenza al malessere, piuttosto offrire uno spazio al proprio inconscio. E cosa vuol dire precisamente? Avere la possibilità di raccontarsi, di esprimere l’emozioni attraverso la propria storia, i propri sintomi, le proprie sofferenze, piuttosto che misurarli  dicendo al soggetto che “così non funziona, non va bene, non può provare così tanto dolore, deve rilassarsi”. Il soggetto tutto questo lo sa già, lo sente quello che gli fa bene e quello che lo fa stare male, lo fa agitare. Quello che non sa è come mai sta male e ricerca sempre la riproduzione dell’emozioni negative e così via.

Ci troviamo nell’epoca della misura, del controllo, del braccialetto dell’emozioni, della pillola della felicità ma quello che si perde di vista è che gli esseri umani hanno smesso di ascoltarsi è questa la vera questione. Ai tempi di Freud, un soggetto che manifestava un problema sul corpo che non aveva una causa organica, ma diciamo così per intenderci, aveva una matrice ambientale, cioè al livello delle relazioni, del lavoro, dell’amore, della famiglia, non veniva sottoposto alla rilevazione dei ritmi fisiologici ma gli veniva consigliato di rivolgersi allo psicoanalista per scoprire insieme cosa aveva prodotto, al livello dell’inconscio, la sconnessione, il momento in cui il soggetto aveva smesso di ascoltarsi. Ecco forse bisognerebbe ricominciare da qui.

 http://www.repubblica.it/salute/prevenzione/2013/04/07/news/body_language_cos_mi_misuro_le_emozioni_lo_stress_il_primo_killer_della_vita_moderna-56103515/

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