Lo sguardo sul cibo: “il food porn” potrà essere la nuova soluzione ai disturbi alimentari?

blogIl “food porn”

Negli ultimi tempi su internet imperversa un nuovo fenomeno chiamato “food porn”. Il nome potrebbe subito trarre in inganno, pensando che possa riguardare qualche pratica sessuale che utilizzi il cibo per dei giochi erotici.

Non si tratta di questo. Consiste, invece, nel “postare, condividere” foto, immagini di piatti prima di tutto belli e accattivanti da vedere e poi magari anche da mangiare. Non importa se il piatto è stato creato da uno chef di chiara fama o da un semplice utente che lo condivide, è fondamentale che sia succulento da vedere. Un gruppo di ricercatori psicologi  ha iniziato a studiare questo nuovo fenomeno, ipotizzando che gli utenti che condividono in rete, solo esclusivamente immagini riguardanti il cibo, abbiano una sorta di ossessione e  che alla base di questa attenzione selettiva solo per argomenti che riguardino il cibo, ci sia, a monte, un possibile disturbo alimentare, tema trattato su www.dedalusbologna.it

La terapia virtuale

Contemporaneamente negli ultimi mesi un gruppo di psicologi di Valencia ha effettuato una ricerca su un campione di circa 60 soggetti: metà non presentava nessuna patologia, l’altra metà aveva una diagnosi di dca. L’ipotesi portata avanti dal gruppo di ricerca di Valencia è che la realtà virtuale aiuti a vincere i disturbi alimentari. L’esperimento al quale è stato sottoposto il campione, consisteva nel mangiare una pizza in una cucina virtuale. I risultati hanno dimostrato che i soggetti con un disturbo alimentare mostravano, prima di sottoporsi alla ricerca, di provare sentimenti negativi come l’ ansia e la paura di ingrassare. Invece dopo un ciclo di terapia virtuale, i pazienti presentavano una riduzione dell’ansia. Secondo i ricercatori questo è stato un effetto positivo dell’esperimento, confermando la loro ipotesi iniziale.

La pulsione dello sguardo

Perché vi parlo di questo? Cosa hanno in comune questi due fenomeni appena trattati? L’iperinvestimento per l’oggetto sguardo. In rete non c’è il corpo, l’unico organo implicato è proprio lo sguardo, tutto passa da lì. Ugualmente nella clinica dei disturbi alimentari, a parte la fissazione sull’oggetto orale ( mangiare niente, ingozzarsi fino a scoppiare, indursi il vomito e così via) anche lo sguardo entra in gioco.

Le pazienti  con disturbi alimentari di noi psicologhe di Dedalus Bologna spesso riferiscono che passano le loro giornate a pensare al cibo, alle calorie, a cucinare, “accontentandosi” di guardare gli altri gustarsi i piatti preparati da loro. Nei fenomeni del guardare un piatto bellissimo postato su un social network oppure nel praticare una terapia virtuale per controllare l’ansia davanti ad una pizza vanno nella stessa direzione. In altre parole ciò che viene alimentato è la pulsione  dello sguardo.

La cura dell’ascolto

Per la psicoanalisi non si cura un disturbo alimentare esponendo, alimentando il soggetto nelle proprie modalità di godimento, in questo caso, sottoponendolo per esempio ad una terapia virtuale, facendogli vedere una buonissima pizza che non esiste, per gestire l’ansia e la paura di ingrassare o per controllare la compulsione a divorare tutto quello che ci si trova davanti. La cura, secondo la psicoanalisi, avviene attraverso l’ascolto delle parole del soggetto, offrendogli uno spazio per esprimere la propria sofferenza. Il paziente che comunica attraverso i fenomeni sul corpo, può imparare,  ad esprimere il proprio dolore con le parole, interrogandosi, ad esempio, a cosa gli serve quel sintomo, per chi non mangia o mangia troppo, qual è lo sguardo a cui è così interessato, cosa lo spinge a farsi del male. Correggere i comportamenti cosiddetti disfunzionali sostituendoli con altri meno feroci, non porta a comprendere le cause, i motivi per cui è necessario, per esempio, un disturbo alimentare per quel soggetto. Al contrario, il controllo dei comportamenti patologici alimenta il sintomo che viene tenuto maggiormente nascosto, mascherato ma comunque rimane presente.  La psicoanalisi insegna che ci si può non accontentare solo di arrivare a capire con degli esercizi come gestire l’ansia o il controllo degli impulsi. Il soggetto può pretendere molto di più da se stesso, arrivando durante un percorso psicoanalitico, a scegliere consapevolmente e con i propri tempi di comprensione quando è il momento di poter abbandonare un comportamento patologico e finalmente aprirsi alla vita!

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