Si può guarire dal proprio passato?
Questa è una domanda che spesso i pazienti delle psicologhe di Dedalus Bologna fanno quando intraprendono una terapia. Come faccio a costruirmi una vita diversa rispetto a quella della mia famiglia? Come faccio a smettere di pensare alle parole, ai gesti, ai silenzi di mia madre o di mio padre? Come faccio a seppellirli simbolicamente e incominciare finalmente a vivere?
Il vuoto e l’oggetto
In un’ analisi i pazienti parlano delle loro storie, dei loro dolori, degli sguardi non sempre amorevoli, degli incontri che hanno segnato la vita. Arrivano perché stanno male, perché qualcosa si è finalmente rotto e non si riaggiusta. Le domande fanno il loro ingresso e non vanno via, accompagnate da sintomi sul corpo, da delusioni, da insoddisfazioni, come spiegato su www.dedalusbologna.it. L’alcol, il sesso, le droghe, il cibo, internet non soddisfano mai pienamente il vuoto che i pazienti percepiscono, qualcosa dal passato ritorna sempre, il vuoto è sempre lì e quando l’effetto di stordimento della sostanza, dell’oggetto inumano scelto, finisce, non si vive in pace.
Le verità dell’analisi
L’analisi non è un percorso facile, in certi momenti ha un effetto liberatorio, in altri, quelli più duri, è frustrante e al soggetto sembra di essere sempre allo stesso punto, di girare attorno sempre alla stessa questione per la quale non trova una soluzione, un punto di svolta. Ci si perde numerose volte nella vita e il lavoro analitico aiuta a ricomporre i pezzi in frammenti ma non li rincolla nello stesso identico modo. Il soggetto sperimentando e ascoltando le sue parole, lentamente racconta la sua vita e contemporaneamente costruisce la propria storia. Le verità che fanno più male non sono tanto quelle dell’Altro, i torti subiti, le violenze, l’indifferenza ma le proprie modalità di affrontare il mondo, le relazioni, la propria famiglia. I pazienti comprendono in analisi come hanno provato a difendersi dalle delusioni, in quali modi hanno reagito, come si sono vendicati, in altre parole come hanno “contribuito” a quello che hanno vissuto, qual è stata la loro parte, in che modo in alcuni momenti sono stati “complici” in prima persona di un dolore che hanno provato sulla propria carne. Il soggetto in analisi si rende lentamente conto che per tanto o meglio, per tutto il tempo, ha giocato nella vita di un altro. Perché è da un altro che proviene e dipende, è da un altro che vuole essere amato, è da un altro che ha imparato a desiderare.
La meraviglia dell’incontro
Ho letto da poco un libro stupendo, semplice e diretto di Clarice Lispector dal titolo “un apprendistato o libro dei piaceri”. Racconta la storia di una donna che incontra un uomo, un professore di filosofia che la guida e le insegna a concedersi del tempo per provare l’allegria, per entrare nelle relazioni, per vivere davvero e dire di sì all’ amore. Lui la ama e le concede il tempo di cui ha bisogno per scoprirsi da sola, per poi alla fine presentarsi da lui, abbandonandosi ad un amore profondo e sincero. L’incontro tra i due soggetti quando “l’apprendistato di Lory” termina, è meraviglioso, arriva inaspettato ed è sorprendente. Ulisse il suo uomo, il suo “maestro” quando Lory è pronta ad essere amata, si presenta mancante, umile, non ha più tutte le parole e le risposte che aveva prima quando le insegnava a sperimentare la vita. In quel momento, c’è solo l’incontro.
Il tempo dell’amore
L’analisi è in un certo senso “un apprendistato”, si impara sulla propria pelle a diventare un soggetto, a conquistare l’allegria, a scoprire l’amore e aprirsi all’ Altro. Nel romanzo non si coglie precisamente il tempo che Lory impiega per essere la donna di Ulisse. Ugualmente il percorso analitico non si può quantificare a priori: durerà 6 mesi? 2 anni? 9 anni? Il paziente e l’analista all’ inizio non lo sanno, nessuno dei due conosce quante stagioni ci vorranno prima che un soggetto possa guarire dal proprio passato e autorizzarsi finalmente a giocare la propria personale partita con la vita.
Ulisse ama Lory e le dà testimonianza del suo sentimento offrendole qualcosa che non sa e non controlla, le regala il tempo per incontrarsi. È un bellissimo rischio che un soggetto può correre iniziando un’analisi, concedersi il tempo di cui ha bisogno per amare.