Ieri sera è andata in onda una puntata del programma giornalistico Le Iene su Italia uno, tra i vari servizi seri e faceti ne spiccava uno in particolare. Un reportage su un prete definito “smanazzone”, di fatto un uomo della Chiesa che approfittava della sua posizione per suggestionare uomini e molestarli.
Scandaloso, vergognoso. È importante che si parli di questo in televisione, del potere suggestivo di certe figure, dell’immobilismo in cui si trovano le vittime. Raccontava uno dei molestati che mentre tutto questo accadeva voleva alzarsi e picchiarlo, poi però si è vergognato, si é sentito ignorante, in colpa: magari davvero era giusto così. Chi era lui per giudicare un ministro della Chiesa?
Così è rimasto quasi mezz’ora a farsi molestare dal prete che sosteneva di benedirlo. Solo quando si è confrontato con la moglie ha realizzato la gravità del fatto.
Importante parlare di questo, importante raccontare del plagio, dell’abuso di potere, ricordare alle persone di essere sempre un soggetto pensante, che nessuno può fare loro ciò che non vogliono anche se garantiscano sia per il loro bene.
Metterci la faccia
A Dedalus noi psicologhe a Bologna ascoltiamo spesso storie del genere, sui posti di lavoro, durante le visite mediche, nelle comunità, nelle famiglie: qualcuno approfitta delle sua posizione di transfert, di potere, di sapere per molestare ed abusare gli altri.
Quanto dolore per queste persone imbrigliate, incastrate, suggestionate che si sono sentite in trappola, incapaci di reagire, in colpa anche solo al pensiero di farlo.
Non occorre essere deboli di mente, matti, folli, poveri, analfabeti, bisognosi, ammalati per incappare in situazioni del genere. Il servizio mostrava proprio questo ieri, persone che ci mettevano la faccia e raccontavano come incredibilmente erano incappate in una situazione del genere.
Mostrare che si può parlare a viso scoperto di questo è un ottimo modo per fare prevenzione.
Potere è potere
Dopo poco però inizia un nuovo servizio di una delle Iene più famose: Enrico Lucci. Si reca ad un concorso di bellezza per donne che hanno usato la chirurgia estetica. Col suo solito stile le prende in giro fingendo di adularle e le ridicolizza esaltando le loro velleità.
Una ragazza racconta di essersi sottoposta ad un intervento di vaginoplastica, Lucci chiede di poter vedere i risultati. Lei risponde di no, lui chiede di poterlo fare allora a telecamere spente. Nuovamente lei nega il suo consenso. La conversazione continua e la ragazza racconta anche il suo intervento di mastoplastica. Lucci la ascolta, finge di dare peso alle sue parole che invece, come suo stile, sminuisce e dileggia.
Poi nuovamente le chiede se può verificare che il lavoro del chirurgo sia stato ben fatto, questa volta per quel che riguarda i seni. La ragazza in imbarazzo stavolta risponde di si. Da qui comincia un lungo palpeggiamento di entrambi i seni, mentre la donna imbarazzata rimane immobile e tenta di coprirsi. Lo stesso accade qualche istante dopo con un’altra ragazza, di fronte al fidanzato.
La credibilità dell’Altro
Nel caso del prete “Le Iene” si schieravano giustamente contro chi approfitta della propria posizione, della propria credibilità all’interno della comunità, del proprio potere per toccare il corpo di un altro che non riesce a sottrarsi.
Nel servizio di Lucci occupavano invece la stessa posizione dell’uomo della Chiesa: alla televisione, a un personaggio televisivo acclamato, con la sua troupe, che fa parte di un programma che si schiera sempre contro gli abusi ed i soprusi come si fa a dire di no. Come si fa a pensare anche solo per un momento che stia facendo qualcosa di male, qualcosa che non va, qualcosa che non corrisponde a quello che si desidera?
Lo faccio per te, per il tuo bene, perché sono una brava persona che sa cosa è giusto e cosa è sbagliato, che conosce i limiti tra il bene e il male, anzi sono uno dei garanti del comportamento corretto, la comunità mi applaude per questo.
Il discorso della comunità
Chi molesta, chi abusa, chi usa violenza fisica o psicologica che sia, si pone sempre in questa posizione, agisce sempre facendo leva sul consenso che ha da parte della comunità a cui si appartiene: lavoro, famiglia, sanità, politica, religione non da meno televisione.
È questo timore di essere isolati rispetto alla comunità a cui appartengono a rendere le vittime immobili, è questa paura di aver travisato, di non essere creduti, di essere gli unici a gridare allo scandalo a rendere le vittime mute, incapaci di dire di no, di chiedere aiuto, di denunciare.
Questo il discorso che ascolta Dedalus anche sul sito www.dedalusbologna.it ogni volta che si occupa di pazienti che hanno subito violenza, qualunque tipo di violenza: bullismo, abusi, percosse, cyberbullismo, molestie, minacce…
Ascolta la solitudine, il terrore di essere fuori dal discorso della comunità, fuori dai legami.
Lo ascolta nei figli abusati dai genitori: “Non avrei mai potuto raccontarlo alla mia famiglia nessuno mi avrebbe creduto.” “Per anni ho pensato che andasse bene così, che fosse giusto, era una persona di cui tutti si fidavano, solo molto più tardi ho compreso che era un abuso.”
La vittima oggetto
Anni fa venne a domandarci aiuto una giovane ragazza incappata in una difficile situazione con un personaggio molto famoso. Quella sera, mentre l’uomo in questione la molestava riuscì a rifugiarsi per qualche minuto in un luogo appartato dove di nascosto telefonó ai genitori terrorizzata, chiedendo che andassero a prenderla.
La famiglia non andò, le dissero che una persona di quel calibro, di quel successo, amata da tutti non poteva fare nulla di male, che doveva fidarsi. La lasciarono con lui fino al mattino seguente.
Dopo mesi soffriva ancora di attacchi di panico, si sentiva senza legami, senza protezione, in trappola, un oggetto in balia dei capricci dell’altro.
Il consenso mediatico al servizio di Lucci, i commenti entusiasti sul web dei suoi fan, le ingiurie alle donne che lui ha palpeggiato sono la prova di questo: lui è un idolo, loro sono esibizioniste senza cervello.
La massa, la comunità, la famiglia intrappola le vittime nella loro posizione di oggetto senza parole.
La parola del desiderio
Il percorso analitico consente a queste persone di parlare, di costruire un proprio discorso soggettivo su quanto è accaduto, di prendersi la responsabilità del proprio dolore e della propria ripetizione sintomatica: è un lavoro duro, importante, necessario per non sostare a lungo nella posizione di vittima, posizione dolorosa e pericolosa.
Se il discorso sociale, mediatico, televisivo non va nella stessa direzione è ancora più importante insegnare ai propri figli, ai ragazzi nelle scuole, ai giovani di qualunque sesso che la propria parola ha un valore, ha un’ importanza, ha diritto di essere espressa anche se differente da quella degli altri.
Fondamentale e quanto mai necessario ricordare loro che possono sottrarsi a qualunque cosa facciano gli altri “per il loro bene” se non corrisponde a ciò che desiderano