Archivio della categoria: Sintomi

Approfondimenti sui sintomi

INTERVISTA A COLETTE SOLER

Su amore, desiderio e godimento nell’epoca del capitalismo

colette soler

Colette Soler, allieva di Lacan, filosofa, psicoanalista e autrice di opere fondamentali nel campo della psicoanalisi, ci regala una meravigliosa intervista in occasione di un ciclo di conferenze tenute a Buenos Aires, Argentina, la prima delle quali ha avuto luogo presso la ex ESMA, il Museo di Buenos Aires sulla memoria storica a difesa dei diritti umani e a testimonianza dei delitti commessi durante la dittatura argentina.

É importante per me parlare in un luogo come questo perché si tratta di un luogo della memoria che ha l’intento di conservare la memoria delle vittime. Allora è sempre importante, nella storia in generale, ma anche nella psicoanalisi, combattere contro l’oblio. In effetti ci proviamo e lottiamo per non dimenticare ma bisogna dire che non è facile. Alcuni giorni fa ho ascoltato uno storico che diceva qualcosa di molto forte:”Insegniamo la storia ma la storia non insegna nulla posto che le società stanno sempre nel tempo presente”. Ritengo sia nostro dovere non dimenticare di generazione in generazione. La psicoanalisi è erede dei diritti umani” dichiara la prestigiosa psicoanalista francese che fu membro dell’École freudienne di Parigi, fondata da Jacques Lacan e, in seguito, dell’École de la Cause freudienne.

-Certamente, perché la psicoanalisi è sempre stata contro qualunque forma di totalitarismo…

-Assolutamente. Il totalitarismo rende la psicoanalisi impossibile in quanto in psicoanalisi ascoltiamo la parola di ogni soggetto, indipendentemente da sesso, età, struttura. Perciò è una pratica che appartiene alla valorizzazione dell’individuo nel campo dei diritti umani.

-Come possono collaborare psicoanalisi e memoria storica?

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Effetto Cortocircuito: trasmissione radio

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Questa mattina alle 10,00 Dedalus è stato ospite a Radio Città del Capo per parlare dello Sportello d’Ascolto psicologico PsyinBo e per lanciare la trasmissione Effetto Cortocircuito!

Entrambi i progetti sono realizzati in collaborazione col Comune di Bologna.

Effetto Cortocircuito andrà in onda tutti i giovedì alle h. 17.00 fino al 10 Agosto sulle frequenze di Radio Città Del Capo 96.250.

Le puntate sono realizzate da Dedalus di Jonas e Fantateatro in collaborazione con il Comune di Bologna.

Oggi pomeriggio parleremo di ansia e attacchi di panico.

L’unica trasmissione radio che spiega con un linguaggio molto semplice e con degli esempi i principali sintomi del disagio contemporaneo: ansia e attacchi di panico.

➡ ANSIA
L’ansia è un sentimento che si manifesta quando siamo troppo presi da quello che gli altri si aspettano da noi. Ogni volta che ci dimentichiamo di NOI e ci occupiamo troppo di come ci vogliono gli altri, stiamo mentendo a noi stessi e si manifesta l’ansia.
Per dirla ancora più semplicemente: “con l’ansia faccio i conti con i vestiti che mi mettono addosso gli altri”.

➡ ATTACCHI DI PANICO
Gli attacchi di panico invece avvengono proprio quando gli altri non ci sono e quando stiamo facendo i conti solo con “noi stessi”. Apparentemente gli attacchi di panico avvengono proprio quando tutto va bene e tutto sembra funzionare nella vita.

Restate sintonizzati con noi e con Radio Città del Capo 96.250, tutti i giovedi alle 17:00!

…la prossima puntata parleremo di #Bullismo.

 

Nomofobia

nomofobia

Nomofobia: significato

La nomofobia (o nomophobia) rappresenta il timore ossessivo di non essere raggiungibili al telefono cellulare quando ad esempio:

  • Si ha la batteria scarica
  • Non si ha credito sufficiente
  • Non c’è campo
  • Non si trova il cellulare.

Questo termine fu coniato nel 2008 dall’esperto di demoscopia britannico Steward Fox Mills ed è composto dalle espressioni: “no mobile phone” e “phobie”.
Le tecnologie informatiche e digitali sono in grado di acutizzare diverse fobie umane, tra cui questa che viene descritta esattamente come un’ansia da separazione, inesistente fino a pochi anni fa.
La paura di essere separati da uno smartphone o di non poterlo utilizzare, genera nel nomofobico una vera e propria interruzione dei contatti sociali e quindi un’ansia da separazione nel vero senso psicologico del termine.

Nomofobia: sintomi

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Perchè i ragazzi ci fanno così paura?

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La solitudine degli adolescenti

Dedalus, studio di psicologi a Bologna nelle ultime settimane ha avuto modo di incontrare numerosi studenti delle scuole medie e superiori di Bologna e della Romagna. Lo ha fatto attraverso la proiezione di due film ( “The beat beneath my feet” e “Cyberbulli-pettegolezzi on line”) in cui i protagonisti erano degli adolescenti alle prese con la loro vita, le loro difficoltà, i propri dolori familiari. Film molto diversi tra loro ma avevano un punto in comune: la solitudine dell’adolescente. Sì perché troppo poco si parla di come un ragazzo, a 15 anni, può sentirsi completamente solo e senza parole per esprimere la propria sofferenza

Quali sono i motivi della solitudine?

I motivi della solitudine, possono essere i più disparati: problemi familiari, difficoltà amorose, prese in giro da parte degli altri compagni di scuola, prepotenze che i ragazzi infliggono agli altri per difendersi da un dolore che non si riesce a mettere in parola. Gli studenti hanno parlato e anche tanto, il tempo a disposizione non è stato sufficiente per ascoltarli tutti e attraverso le vite dei protagonisti dei film molti di loro hanno condiviso difficoltà, insicurezze, la profonda solitudine che provano.

La percezione dell’Altro

Quello che ha colpito maggiormente Dedalus è stato che i ragazzi non hanno mai fatto riferimento agli adulti, come se nei loro problemi, nelle loro domande, nei loro dolori, l’Altro non potesse fare nulla, non fosse in grado di ascoltarli e di aiutarli ad uscire da situazioni complicate come le prese in giro su whatsapp, in classe o i ruoli e le maschere in cui i ragazzi sono incastrati e che li fanno stare male. Negli studenti che abbiamo incontrato è emerso che loro non aspettano più la risposta dell’ Altro, come se dall’adulto non si aspettassero nulla se non di tenerlo tranquillo e di non angosciarlo. Cosa è accaduto agli adulti? Quando hanno smesso di parlare con i ragazzi? Perchè gli adolescenti sono così intimoriti dalle fragilità dell’Altro tanto da non caricarlo delle loro preoccupazioni?

Genitori e figli: il tempo dell’ascolto

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L’appuntamento al buio che diventa un incontro

i musicisti

Un’altra edizione di “ Attenti al lapsus” si è conclusa.

Quest’anno Dedalus si è dedicato alla precarietà, alla dipendenza dal gioco e più in generale allo smarrimento che può investire un soggetto nel corso della propria vita. Alla base della crisi c’è sempre l’esperienza della perdita che abbatte il soggetto, scaraventandolo per terra, prosciugandogli tutta l’energia vitale. Il dolore, la frustrazione diventano i protagonisti della quotidianità e la persona colpita si isola in una bolla di solitudine. Il mondo rimane fuori sempre più distante e difficile.

L’energia pulsionale del soggetto colpito dalla crisi non viene più impegnata su nessun oggetto, meta fondamentale per il soddisfacimento, producendo di conseguenza, un ingorgo libidico che rimane inespresso. C’è chi sperimenta “la sua crisi”, per esempio, con la perdita del lavoro, chi con il gioco d’azzardo perdendo tutti i soldi che ha e soprattutto quelli che non ha, arrivando a giocarsi letteralmente la vita; chi con la perdita di un amore che gli offre un’identità o viene schiacciato nelle relazioni dai giochi di potere e nonostante ciò rimane in quelle relazioni anche quando un posto per il soggetto lì non esiste più, reiterando all’infinito l’esperienza della perdita.

La precarietà è stato il filo conduttore della rassegna, parlandone prima, poi cantandola e ballandola. Ogni serata è stata diversa e irripetibile. Ogni nostro ospite aveva una storia da raccontare e da suonare. Il pubblico è stato sempre differente. Ogni volta c’era qualcuno che iniziava a ballare. Tante persone di una certa età, si sono alzate dalle loro sedie concedendo al proprio corpo di “sfogarsi” e di prendere parte allo spettacolo.

È stato un appuntamento “al buio”: non c’era copione, non era scontato il successo, l’unica informazione per ogni serata che trasmetteva l’altoparlante della festa dell’Unità era “ alle 21:30 presso la Red Square Attenti al lapsus”. Continua a leggere

I Monkey’s Arm Blues Band lo fanno meglio

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Secondo anno della rassegna Attenti al Lapsus e secondo anno che i Monkey’s Arm Blues Band sono al nostro fianco in questa avventura di fine estate.
Secondo anno che impiego moltissimo tempo per scrivere qualche ricordo della serata trascorsa con loro.
Ci sono ricordi di cui è difficile parlare, il nostro mestiere lo insegna bene. Ci sono pazienti che,dopo anni di terapia, svelano qualcosa di fondamentale che riguarda le loro vite e che hanno invece sempre taciuto. Ogni volta coloro che lo fanno raccontano: è dal primo giorno che sono qui che avrei voluto dirglielo, ma poi non ci sono mai riuscito, non mi sembrava importante o c’era sempre qualcos’altro di cui parlare.
La shopper che Dedalus ha fatto stampare lo scorso anno porta impressa questa frase di J. Lacan: “l’inconscio non é perdere la memoria è non ricordarsi di quello che si sa.”
Ci sono dunque dei ricordi, le parole che useremmo per descriverli, che non si riescono a dire, o meglio, che non trovano il tempo giusto per essere detti. Come ben sappiamo le parole non dette rimangono dentro di noi sedimentandosi nel nostro inconscio.
I ricordi sono dunque la personalissima interpretazione degli eventi vissuti. Il testo dei ricordi è intessuto con ciò che più profondamente ci caratterizza.
Due amici, tre amici, che dopo anni si ritrovano e rammentano il pezzo di vita che hanno camminato insieme, narrano sempre storie diverse. Nel ricordo l’uno dell’altro si riconoscono ma se ne sentono al contempo estranei.
Perché tu ricordi quel particolare che io ho scordato? Perché tu dimentichi quella cosa che è sempre stata scolpita nel mio cuore? Perché metti in luce certi dettagli di poco conto e ne tralasci altri fondamentali?
Per citare nuovamente il discorso psicoanalitico questo mostra “l’inesistenza del rapporto sessuale”. Nel senso che con nessun altro si può fare uno, in nessuna unione si può diventare una cosa sola. Esiste sempre uno scarto tra gli esseri umani, anche tra quelli che tra loro sono più intimi. Tra uomini e donne questo accade in modo ancora più accentuato.
I Monkey’s suonavano Jhonny B. Good, cantavano Elvis, i Beatles il pubblico ballava, ascoltava con attenzione, ripeteva le parole, batteva le mani. Un concerto insomma, un bel concerto fatto da bravi musicisti che suonavano bene della buona musica in un bel luogo.
Cosa resta invece delle persone, dell’atmosfera, dell’alchimia che c’era quella sera se il ricordo lo metto nero su bianco in questo blog?
Le parole del rock’n’roll non sono scritte per far meditare, sono appositamente allineate invece, una dietro l’altra, per far ballare, perché il loro suono accompagni la musica e scateni la voglia di scendere in pista.
Il concerto dei Monkey’s è proprio questo: è un invito a ballare, a dimenticare i pensieri un paio d’ore e gioire. Vi accorgerete di questo indubbiamente se li avete sentiti o se andrete a qualcuno dei loro concerti.
E se vi arriva così forte la voglia di ballare, se vi arriva così chiara la voglia di dimenticare e farvi trasportare dalla musica è perché loro lo fanno incredibilmente bene.
È importante imparare a dimenticare, è fondamentale farlo: lasciar scivolare nel nostro inconscio i ricordi troppo difficili, troppo pesanti, troppo potenti. C’è un momento in cui è importante lasciare che il reale di cui sono fatti i ricordi si perda un po’ per fare spazio al simbolico delle parole con cui possiamo ricacciarli per un po’ dentro di noi.
Dice la pedagogia: se non si ricorda non si apprende.
Dice la psicoanalisi: se non si dimentica non si entra nel simbolico, nel discorso dell’inconscio.
I bambini, tutti i bambini, a tre anni cominciano a dimenticare, prima ricordavano ogni cosa, poi iniziano questa nuova, impressionante esperienza del dimenticare. Per entrare in un processo simbolico è necessario scordare.
Gli adulti riescono a mettere in moto questo meccanismo della dimenticanza attraverso i piaceri, gli hobby, lo svago in una parola: un concerto dei Monkey’s!
Proprio per questo motivo lo psicoanalista, al contrario di ciò che comunemente si pensa, non é un patito del ricordo. Non è ciò che domanda al paziente: ricorda! Gli chiede invece di parlare, parlare di ciò che gli viene in mente.
L’analista sa aspettare a lungo il momento della parola piena del soggetto. Nel frattempo lascia che il paziente balli il suo rok’n roll di parole musicali. Fondamentale che lo faccia.
Non si può dire una parola piena di significato se prima non si hanno perduto le parole vuote. Le parole vuote si perdono solo se si riconosce che sono tali, solo se diventano musica.
Insomma possiamo dirla così, con una battuta: in un analisi si entra cantanti di rock’n’roll e si esce cantautori.
Ora però ho voglia di svelarvi un piccolo segreto: se ascolterete i Monkey’s e vi sarà difficile stare fermi sulla sedia o mettervi a rimuginare sui vostri pensieri più complicati, sappiate che se lo sanno fare così bene, se farvi dimenticare per due ore le amarezze dell’esistenza è il loro grande talento un motivo c’è ed è incastonato come un diamante nelle loro vite.
Perché i ricordi, i talenti, le dimenticanze, le parole piene, i legami, i sintomi sono intrisi profondamente di ciò che più intimamente siamo.

Se all’ Assessore brillano gli occhi…

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Se all’ Assessore brillano gli occhi mentre racconta di legalitá, lotta alla mafia, usura, se all’ Assessore brillano gli occhi mentre parla del suo incontro con le realtà locali, con le storie dei cittadini, con le associazioni, se all’ Assessore brillano gli occhi mentre spiega le possibilità che la politica ha di agire sulle questioni quotidiane, concrete allora una conferenza diventa una testimonianza, un’ intervista si trasforma in una possibilità. Questo era ciò che Dedalus desiderava e che si è realizzato superando ampiamente le aspettative. Testimoniare la passione per il proprio lavoro, per i propri ideali, per l’ etica da cui si é mossi, è la migliore delle prevenzioni possibili. Si può non essere sempre in accordo con le parole dell’altro, si può divergere, ma un discorso che riesce a portare con se il desiderio di chi lo enuncia è comunque un discorso che vivifica, che  accende, che sveglia. Abbiamo parlato di gioco d’ azzardo patologico e di precarietà giovanile, di come certi sintomi di dipendenza si vadano ad annidare come tappo per le angosce di una vita che sembra non partire, inceppata, catturata in un limbo. Informare é necessario ma sappiamo bene che purtroppo fare prevenzione è un’ impresa impossibile. L’ unico modo per fermare i sintomi è far incontrare  i soggetti col proprio desiderio, solo la passione può limitare la pulsione. In adolescenza questo è evidente in modo macroscopico: un buon incontro può cambiare una vita. Un’ insegnante che trasmette la passione per la propria materia può salvare molte vite, un adulto che mostra di amare ciò che fa é delle prevenzioni l’ unica possibile. Questo é stato il valore dell’ incontro di ieri, una giovane donna che raccontava ciò che costruisce tutti i giorni con la luce negli occhi. Questo è ciò che muove spesso Dedalus ad uscire dal suo studio di via Marconi 20, questo per Dedalus è fare politica: muovere nella propria città  testimonianze di desiderio. L’ abbiamo fatto intervistando l’ assessore Nadia Monti e lo faremo nei prossimi incontri ascoltando tre fantastici gruppi musicali, che sapranno trasmettere con altrettanta forza la vita che mettono in ciò che fanno.

Saranni medici, ingegneri, infermieri, informatici, insegnanti, grafici, impiegati. Saranno musicisti, con la luce negli occhi. Non potete perderveli!