Archivio dell'autore: Arianna Marfisa Bellini

Gli scheletri dell’artista

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Si ascoltano molte volte poeti, scrittori, pittori, musicisti dichiarare che vogliono tenersi stretto il proprio malessere. Credono che un percorso terapeutico possa far perdere loro ogni slancio creativo o in qualche modo affievolirlo.

Comunemente si ritene che dolore e produzione artistica siano indissolubilmente legate.

La clinica però ci insegna, con precisione, che i momenti in cui la sofferenza prende il sopravvento anche gli artisti più fecondi non riescono a generare nulla. Ci mostra altresì che non tutte le persone che soffrono sono in grado di essere creative.

Cosa c’è dunque di vero in questa diceria piuttosto comune? 

Dobbiamo prendere tutta questa questione da una prospettiva diversa, partendo cioè dal rapporto tra dolore e morte piuttosto che tra dolore e creatività.

I dolori umani sono molteplici e diversi, alcuni hanno a che fare con l’abbandono, altri con la solitudine, alcuni con la violenza, taluni con la perdita, altri ancora però hanno a che fare con la morte. 

I bambini, si sa, vengono mediati alla vita dagli adulti, da cui apprendono le regole per stare al mondo.

In questa mediazione possono incontrare nel loro Atro un tratto mortificante, assassinante. Per un istante incontrano il desiderio inconscio di qualcuno che li vuole morti. Non è esclusivamente una questione legata all’ aggressività, ci sono molteplici motivi inconsci per avere questo inconfessabile desiderio verso il proprio bambino. La morte spesso è paradossalmente rassicurante, pacificante, attrattiva.

Questi bambini incontrano dunque, molto presto, l’indicibile. Sappiamo benissimo però che non si può davvero toccare la morte non si può guardarla da vicino, la si può percepire solo come assenza, vuoto, buco.

Certi sintomi infantili mostrano chiaramente le tracce di tutto questo: la paura del buio, dei mostri, il timore verso alcuni tipi di cibi, le apnee…

Se parlate con i bambini vi accorgerete che alcuni più di altri hanno paura di morire, di essere uccisi, hanno fantasie che riguardano i fantasmi l’ Aldilà, le anime, le vite precedenti. Sono proprio quei bambini che hanno trovato questo tratto nel loro Altro: genitori in lutto, genitori con aggressività esplosive, genitori legati a persone che non esistono più nelle loro vite, genitori lontani dalla amata terra d’origine, genitori che a loro volta hanno incontrato questo desiderio negli occhi dei propri genitori…

Incontrare la morte è molto angosciante a qualunque età, incontrarla all’ inizio della propria esistenza, è indubbiamente eccessivo.

Proprio da questo eccesso nasce la creatività: i bambini per sopportarlo, per non esserne atterriti, per provare a farci qualcosa inventano, creano. In qualche modo possiamo dire che creare è risorgere, togliersi dalla posizione mortifera in cui ci si sente messi dall’ Altro. Produrre è un modo per entrare e uscire continuamente dal vuoto. La creatività è saperci fare con la morte: bordarla, coprirla, esaltarla, abbellirla, velarla.

Capiamoci meglio: tutti gli esseri umani hanno a che fare con la morte, ma solo alcuni, per un’istante la toccano. Se non la si tocca si può trascorrere la vita tentando di tenerla lontana, controllarla, gestirla.

Torniamo ai giochi dei bambini prendendo due esempi piuttosto comuni: alcuni amano fare i puzzle, altri adorano inventare storie con i pupazzi. I primi controllano, non perdono, gestiscono, i secondi creano, generano. I primi tengono lontana la morte, i secondi l’hanno già toccata e provano a farci qualcosa.

Creare è un movimento continuo tra l’indugiare e l’allontanarsi dalla morte, morire e risorgere.

Creare è un’ esigenza, una necessità, creare è l’ urgenza di non sostare troppo a lungo nella morte.

Non è questa spinta vitale che una psicoanalisi può “curare”, non è questo incontro con il desiderio mortifero dell’ Altro che la psicoanalisi può in alcun modo eliminare.

L’incontro rimane e l’esigenza di resurrezione che ne scaturisce anche.

La psicoanalisi può liberare il soggetto dalle sofferenze che quell’incontro porta con se, può aiutare il soggetto a riconoscere i momenti in cui dice di si al desiderio dell’ Altro e muore a se stesso, soffre, si ammala, non crea, si fa del male. L’inibizione ad esempio, il timore di emergere, la paura di essere uccisi per il proprio talento o di morire dopo un successo, L’angoscia di disturbare con la propria fama le persone che si hanno accanto. Tante volte le persone creative si trovano intrappolate in questa continua tensione tra l’esigenza vitale di produrre e l’immobilità mortifera causata dal timore che tanta vitalità possa disturbare gli altri, possa essere fonte di invidia e di distruzione. Il timore che essere vivi possa farli uccidere. Gli artisti incontrano continuamente ciò che hanno toccato con mano da piccoli: sono stati desiderati morti dal’ Altro. L’inibizione all’esposizione della propria opera spesso copre questo timore inconscio di venire ammazzati dall’ Altro. Esporsi e morire, risorgere e poi tornare nuovamente nel vuoto.

La psicoanalisi aiuta a uscire da questo tipo di dolore, da questa fatica che tante volte schiaccia e inibisce la produzione. Gli artisti conoscono bene i loro momenti di vuoto creativo o i loro tentativi di boicottarsi, sono proprio i le occasioni in cui sono intrappolati dal desiderio che hanno letto nel loro Altro: meglio morti che vivi. Tenersi lontani da un percorso di cura è nell’ ordine della ripetizione: il timore di essere spenti, la paura che l’analista distrugga il nostro lato vitale, creativo, che anche lui dunque ci voglia morti. Creare è generare da soli, è una produzione che non necessita dell’ Altro, anzi lo esclude. La psicoanalisi per esistere invece necessita che l’Altro sia presente all’ interno della relazione.

Il timore di perdere la creatività nasconde dunque questa paura più profonda di entrare in uno scambio con qualcuno che si teme possa essere mortificante. Non è il dolore dunque a rendere creativi, non è la sofferenza a mantenere viva la produzione artistica, è l’incontro con il desiderio dell’ Altro. L’ artista risorge ogni volta che inventa la sua opera, vincendo la morte da cui si trova braccato ed assicurandosi la vita eterna con la sua fama.

Allarme Cyberbullismo: c’è una crescita del fenomeno?

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Da quando sono state chiuse le scuole a causa del Covid-19 si sta rilevando un’impennata di segnalazioni di casi di Cyberbullismo.

Con la didattica on line le dinamiche dei gruppi classe si cristallizzano e inaspriscono rapporti di forza fra bulli e vittime. Esclusione dalle chat, insulti, disattivazione dei microfoni durante le lezioni on line, profili falsi da cui vengono divulgate informazioni diffamanti: i ragazzi stanno raccontando che i soprusi sul web li coinvolgono più di prima.

Le relazioni, confinate forzatamente solo alla dimensione virtuale, non permettono la dinamicità della vita reale, con il naturale sciogliersi e crearsi di alleanze.

Le vittime sono spesso utilizzate come modalità aggregativa e di tenuta di un gruppo che rischia di essere frammentato dalla distanza e dalla quarantena: agiamo contro questo compagno, organizziamoci contro l’altro.

Come nel mondo degli adulti la situazione di clausura ha aumentato agiti e pensieri aggressivi così accade tra gli adolescenti. 

Con una vita improvvisamene immobile, senza possibilità di esprimere le pulsioni che attraversano il corpo, la rabbia e l’aggressività restano le emozioni  più facilmente accessibile ed esprimibili. 

Il cyberbullismo è la dinamica prediletta dai giovani che frequentano le scuole per incanalare questa pulsione che li pervade, facendoli sentire potenti e attivi, più che mai ora che soffrono di questa immobilità e reclusione.

Se in condizioni “normali” il cyberbullismo è un prolungamento  del bullismo, ora è diventata l’unica forma di violenza presente nei gruppi.

Ciò che la quotidianità sta ponendo in evidenza è un’inaspettato aumento delle segnalazioni.

Se in condizioni di vita regolare il bullismo è un fenomeno caratterizzato dalla quasi totale assenza di denuncia da parte delle vittime, ora le segnalazioni di cyberbullismo stanno aumentando, i numeri ci mostrano che sono triplicate, non solo alle Forze dell’Ordine ma anche alle associazioni di psicologi che si occupano del problema.

Possiamo intuitivamente ipotizzare che la protezione del corpo che la quarantena porta con sé, l’impossibilità di incontrasi fisicamente e di ricevere dunque minacce o percosse di persona, permetta alle vittime, di sentirsi in una situazione più serena per poter chiedere aiuto.

L’aumento delle segnalazioni non può lasciare indifferenti le Istituzioni e tutto il mondo degli adulti. Se fino ad oggi era difficile potersi accorgere degli atti di bullismo, che avvengono sempre di nascosto, ora i ragazzi stanno portando alla luce una situazione dolorosa e complessa, che sembra essere solo la punta dell’ iceberg di una situazione che si protrae da lungo tempo.

Possiamo fare di questa contingenza un’ occasione per cambiare le cose, per progettare come prevenire e disinnescare questo fenomeno che coinvolge tanti giovani e che segna profondamente le loro vite.

Il bullismo, per definizione, è un agito violento che avviene in modo tale da eludere lo sguardo degli adulti. La condivisione forzata di spazi e tempi offre un ribaltamento di questa scena: i professori hanno molta più possibilità di vedere ciò che accade via web e di chiederne conto.

I ragazzi ora  si riuniscono nei gruppi classe solo con l’adulto di riferimento presente, non possono nascondersi nei bagni, nei cortili, sulle scale: è l’insegnante che avvia e chiude la riunione. Questa situazione particolare di vigilanza estrema può davvero diventare un’occasione speciale per interrompere alcune dinamiche violente e pericolose.

I giovani lo stanno chiedendo a gran voce di intervenire. Per la prima volta le vittime si appellano spontaneamente al mondo degli adulti chiedendo il loro aiuto e il loro intervento sul campo. E’ un’occasione rara e straordinaria, non lasciamocela sfuggire.

Come la dipendenza da internet pone in evidenza: il web è solitamente il luogo di incontro tra pari, il luogo per eccellenza senza l’Altro del sapere, l’ Altro del controllo, il luogo in cui si ha la sensazione di essere tutti uguali. La didattica online ribalta invece questo concetto: le aule virtuali restituiscono ai docenti il pieno potere e il pieno controllo anche di questa piattaforma.

Il cyberbullismo, senza il bullismo perde la sua forza: i corpi sono lontani, protetti, al sicuro, lo sguardo degli adulti è presente, vede, sa.

Dunque crediamo che questo aumento delle segnalazioni non sia accostabile ad un reale aumento del fenomeno del cyberbullismo, quando piuttosto ad un contesto sociale diverso che fa sentire più sostenuti, meno indifesi e meno soli i ragazzi.

Testo della Conferenza “Adolescenti on line”

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Quando ho ricevuto l’invito a partecipare a questa serata, in cui credo molto, mi ha colpito il fatto che abbiate invitato, a parlare a voi genitori, tre persone che di Internet hanno fatto una risorsa, un luogo di lavoro e di desiderio.

A parlare con i ragazzi, invece, avete mandato la Polizia, la norma, la legge.

Durante questo mio breve intervento proverò a dimostrarvi come, secondo la psicoanalisi, sarebbe stato meglio fare il contrario: far parlare i relatori di questa sera con i ragazzi e la polizia con voi genitori.

Questa annotazione ci porta immediatamente al cuore della questione: tenere insieme legge e desiderio è la problematica centrale dei genitori degli adolescenti.

Ancora più precisamente, tre sono le cose che i genitori di adolescenti dovrebbero provare a tenere insieme: LEGGE, DESIDERIO E GODIMENTO.

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Gli adolescenti e i disturbi del comportamento alimentare

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All’ interno degli studi di Dedalus Bologna, Centro di Clinica Psicoanalitica specializzato nel trattamento dei nuovi sintomi del disagio giovanile e contemporaneo, l’ esperienza con i ragazzi è una pratica quotidiana. Ecco alcune risposte a domande frequenti sulla relazione tra gli adolescenti e i disturbi del comportamento alimentare (DCA).

Quali sono le problematiche legate al cibo tipiche dell’ adolescenza?

In adolescenza compaiono quelli che vengono definiti i veri e propri disturbi alimentari: come bulimia.php" target="_blank">anoressia, bulimia, binge eating e obesità. Se nell’ infanzia possiamo assistere a delle problematiche legate al cibo varie e sfaccettate, con la pubertà i sintomi appaiono più definiti e netti.

Qual è il legame con la percezione, il rapporto che si ha con il corpo in questa fase di vita?

L’ adolescenza è il tempo del ritorno allo specchio. I ragazzi si trovano alle prese con un corpo che sta cambiando e che assume un diverso ruolo nelle relazioni. Si sviluppano i caratteri sessuali e il corpo da bambino se ne va. I ragazzi devono inventarsi velocemente un nuovo modo di stare con gli altri.

Cosa sta cercando di dire un ragazzo o una ragazza che smette di mangiare o che, al contrario, si rimpinza a dismisura?

Dietro i DCA ci sono messaggi e personalità uniche ed irripetibili. I DCA sono fondamentalmente tre, ma i ragazzi che ne soffrono sono migliaia e tutti diversi uno dall’ altro. Possiamo tentare di generalizzare dicendo che tutti i messaggi hanno a che fare con l’ amore. L’amore è ciò che veramente interessa gli adolescenti: i disturbi alimentari sono la risposta che non riescono a darsi sui loro quesiti d’amore: che cosa sono io per te? Che posto ho nella tua vita? Quando non ci sono ti manco?

Da che cosa dipendono questi disturbi?

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Effetto Cortocircuito: trasmissione radio

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Questa mattina alle 10,00 Dedalus è stato ospite a Radio Città del Capo per parlare dello Sportello d’Ascolto psicologico PsyinBo e per lanciare la trasmissione Effetto Cortocircuito!

Entrambi i progetti sono realizzati in collaborazione col Comune di Bologna.

Effetto Cortocircuito andrà in onda tutti i giovedì alle h. 17.00 fino al 10 Agosto sulle frequenze di Radio Città Del Capo 96.250.

Le puntate sono realizzate da Dedalus di Jonas e Fantateatro in collaborazione con il Comune di Bologna.

Oggi pomeriggio parleremo di ansia e attacchi di panico.

L’unica trasmissione radio che spiega con un linguaggio molto semplice e con degli esempi i principali sintomi del disagio contemporaneo: ansia e attacchi di panico.

➡ ANSIA
L’ansia è un sentimento che si manifesta quando siamo troppo presi da quello che gli altri si aspettano da noi. Ogni volta che ci dimentichiamo di NOI e ci occupiamo troppo di come ci vogliono gli altri, stiamo mentendo a noi stessi e si manifesta l’ansia.
Per dirla ancora più semplicemente: “con l’ansia faccio i conti con i vestiti che mi mettono addosso gli altri”.

➡ ATTACCHI DI PANICO
Gli attacchi di panico invece avvengono proprio quando gli altri non ci sono e quando stiamo facendo i conti solo con “noi stessi”. Apparentemente gli attacchi di panico avvengono proprio quando tutto va bene e tutto sembra funzionare nella vita.

Restate sintonizzati con noi e con Radio Città del Capo 96.250, tutti i giovedi alle 17:00!

…la prossima puntata parleremo di #Bullismo.

 

Mettete una psicoanalista al concerto di Vasco

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In quante persone, sia prima che dopo questo epocale Modena Park, hanno domandato: cosa ci trovate in quest’uomo che canta solo ehhhhh?
Perché per voi Vasco è un mito?
Perché fate tutte quelle pazzie pur di andare a vedere questo drogato dissipato?
Sudati e stanchi, alle 4 di mattina, seduti per le strade di Modena, ce lo domandavamo con un paio di colleghe: perché proprio lui, a differenza di tantissimi altri bravi cantanti, fa questo effetto alla gente?
Perché la chiacchierata combriccola dei 225mila non ha distrutto Modena? Non ha creato tafferugli? Non ha creato scompigli? Non ha dato scandalo?

Ieri, mentre raccontavo a mio marito, forse per la centesima volta, Modena Park , lui ( che di mestiere NON fa lo psicoanalista) mi ha detto: avete un transfert psicotico per lui.
Queste parole mi hanno improvvisamente portato alla mente un concerto di un altro cantante ( di cui non farò il nome) che, qualche tempo fa, era tanto impegnato ad interagire col pubblico: su le mani, giù le mani, tutti insieme, ripetete con me, ripetete dopo di me…
Questo è un buon esempio di “transfert psicotico”: fare ciò che l’altro, che si trova, per qualche ragione, in una situazione di “potere” e di “superiorità”, domanda.
Ai concerti di Vasco questo non succede mai. Vasco non mette mai il microfono verso il pubblico per farlo cantare, non domanda mai di fare un gesto piuttosto che un altro. Il pubblico però lo fa, all’unisono, sempre. (Per quelli che amano la precisione: a Modena Park ha domandato di fare dei gesti sulle note di “Non mi va” ma li era chiara l’ironia).

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I Monkey’s Arm Blues Band lo fanno meglio

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Secondo anno della rassegna Attenti al Lapsus e secondo anno che i Monkey’s Arm Blues Band sono al nostro fianco in questa avventura di fine estate.
Secondo anno che impiego moltissimo tempo per scrivere qualche ricordo della serata trascorsa con loro.
Ci sono ricordi di cui è difficile parlare, il nostro mestiere lo insegna bene. Ci sono pazienti che,dopo anni di terapia, svelano qualcosa di fondamentale che riguarda le loro vite e che hanno invece sempre taciuto. Ogni volta coloro che lo fanno raccontano: è dal primo giorno che sono qui che avrei voluto dirglielo, ma poi non ci sono mai riuscito, non mi sembrava importante o c’era sempre qualcos’altro di cui parlare.
La shopper che Dedalus ha fatto stampare lo scorso anno porta impressa questa frase di J. Lacan: “l’inconscio non é perdere la memoria è non ricordarsi di quello che si sa.”
Ci sono dunque dei ricordi, le parole che useremmo per descriverli, che non si riescono a dire, o meglio, che non trovano il tempo giusto per essere detti. Come ben sappiamo le parole non dette rimangono dentro di noi sedimentandosi nel nostro inconscio.
I ricordi sono dunque la personalissima interpretazione degli eventi vissuti. Il testo dei ricordi è intessuto con ciò che più profondamente ci caratterizza.
Due amici, tre amici, che dopo anni si ritrovano e rammentano il pezzo di vita che hanno camminato insieme, narrano sempre storie diverse. Nel ricordo l’uno dell’altro si riconoscono ma se ne sentono al contempo estranei.
Perché tu ricordi quel particolare che io ho scordato? Perché tu dimentichi quella cosa che è sempre stata scolpita nel mio cuore? Perché metti in luce certi dettagli di poco conto e ne tralasci altri fondamentali?
Per citare nuovamente il discorso psicoanalitico questo mostra “l’inesistenza del rapporto sessuale”. Nel senso che con nessun altro si può fare uno, in nessuna unione si può diventare una cosa sola. Esiste sempre uno scarto tra gli esseri umani, anche tra quelli che tra loro sono più intimi. Tra uomini e donne questo accade in modo ancora più accentuato.
I Monkey’s suonavano Jhonny B. Good, cantavano Elvis, i Beatles il pubblico ballava, ascoltava con attenzione, ripeteva le parole, batteva le mani. Un concerto insomma, un bel concerto fatto da bravi musicisti che suonavano bene della buona musica in un bel luogo.
Cosa resta invece delle persone, dell’atmosfera, dell’alchimia che c’era quella sera se il ricordo lo metto nero su bianco in questo blog?
Le parole del rock’n’roll non sono scritte per far meditare, sono appositamente allineate invece, una dietro l’altra, per far ballare, perché il loro suono accompagni la musica e scateni la voglia di scendere in pista.
Il concerto dei Monkey’s è proprio questo: è un invito a ballare, a dimenticare i pensieri un paio d’ore e gioire. Vi accorgerete di questo indubbiamente se li avete sentiti o se andrete a qualcuno dei loro concerti.
E se vi arriva così forte la voglia di ballare, se vi arriva così chiara la voglia di dimenticare e farvi trasportare dalla musica è perché loro lo fanno incredibilmente bene.
È importante imparare a dimenticare, è fondamentale farlo: lasciar scivolare nel nostro inconscio i ricordi troppo difficili, troppo pesanti, troppo potenti. C’è un momento in cui è importante lasciare che il reale di cui sono fatti i ricordi si perda un po’ per fare spazio al simbolico delle parole con cui possiamo ricacciarli per un po’ dentro di noi.
Dice la pedagogia: se non si ricorda non si apprende.
Dice la psicoanalisi: se non si dimentica non si entra nel simbolico, nel discorso dell’inconscio.
I bambini, tutti i bambini, a tre anni cominciano a dimenticare, prima ricordavano ogni cosa, poi iniziano questa nuova, impressionante esperienza del dimenticare. Per entrare in un processo simbolico è necessario scordare.
Gli adulti riescono a mettere in moto questo meccanismo della dimenticanza attraverso i piaceri, gli hobby, lo svago in una parola: un concerto dei Monkey’s!
Proprio per questo motivo lo psicoanalista, al contrario di ciò che comunemente si pensa, non é un patito del ricordo. Non è ciò che domanda al paziente: ricorda! Gli chiede invece di parlare, parlare di ciò che gli viene in mente.
L’analista sa aspettare a lungo il momento della parola piena del soggetto. Nel frattempo lascia che il paziente balli il suo rok’n roll di parole musicali. Fondamentale che lo faccia.
Non si può dire una parola piena di significato se prima non si hanno perduto le parole vuote. Le parole vuote si perdono solo se si riconosce che sono tali, solo se diventano musica.
Insomma possiamo dirla così, con una battuta: in un analisi si entra cantanti di rock’n’roll e si esce cantautori.
Ora però ho voglia di svelarvi un piccolo segreto: se ascolterete i Monkey’s e vi sarà difficile stare fermi sulla sedia o mettervi a rimuginare sui vostri pensieri più complicati, sappiate che se lo sanno fare così bene, se farvi dimenticare per due ore le amarezze dell’esistenza è il loro grande talento un motivo c’è ed è incastonato come un diamante nelle loro vite.
Perché i ricordi, i talenti, le dimenticanze, le parole piene, i legami, i sintomi sono intrisi profondamente di ciò che più intimamente siamo.