Archivio dell'autore: Doriana Di Dio

Esistere non è Resistere – 25 novembre giornata internazionale contro la violenza alle donne.

violenza donne foto

Per USCIRE dalla violenza è importante prima di tutto saper RICONOSCERE LA VIOLENZA. La violenza comincia con quella verbale e psicologica, a volte si ferma qui, a volte continua e arriva a quella economica e/o sessuale e fisica. 

In cuor nostro chiediamoci dove abbassare l’asticella per rispettare noi stesse. Potrebbe trattarsi di violenza psicologica se, sempre più spesso, il nostro partner ci critica il modo di parlare, di muovere, di vestire; ci critica anche davanti i figli; ci deride; ci insulta; ci umilia; ci rimprovera davanti agli amici per quello che diciamo o per come ci comportiamo; ci chiede di cambiare aspetto fisico per compiacerlo; non ci permette di telefonare e/o di vedere i nostri familiari; non ci permette di uscire da sole o con le amiche; controlla le telefonate e i nostri sms; ci accusa di non essere una buona madre; ci accusa di non essere una buona moglie; critica le nostre amicizie. La violenza psicologica è una forma subdola di maltrattamento, quasi invisibile e silenziosa, di cui le donne sono spesso inconsapevoli di esserne vittime, molto spesso quotidianamente. Si tratta spesso di atteggiamenti che si insinuano gradualmente nella relazione e finiscono per privare la persona del proprio valore, riducendola ad un oggetto. Il lento insinuarsi di questi atteggiamenti finisce spesso per essere accolto dalla donna, per motivi culturali e personali. Contemporaneamente il maltrattamento procura sofferenza e corrode, influenzando l’autostima della donna, manipolandone lo stato psichico, restringendone la libertà d’azione e spaventandola.

Resistere e sperare che cambi è una speranza e non una realtà possibile, sperare è un futuro e non un presente.

Oggi è il giorno

Perché aspettare il tuo risveglio

Dando valore alle ragioni che ti tengono piccola

Più che alla luce che filtra dalla porta aperta?

Perdonati.

Perdonati.

Il presente è l’unico tempo che hai per essere intera.

Adesso.

Il presente è l’unico momento che esiste per vivere nella luce della tua vera natura.

La perfezione non è il prerequisito di nulla se non del dolore.

Ti prego, sì, ti prego, non continuare a credere

Alle storie sui tuoi limiti e fallimenti.

Oggi è il giorno del tuo risveglio.

Donna Faulds

ESISTERE  NON E’ RESISTERE

Esistere è essere in vita

Esistere è sentirsi libere

Esistere è prendersi cura di sé stesse

Esistere è dire di NO quando si vuole dire di NO e non sentirsi obbligata

Esistere è decidere sulla propria sessualità, quando si ha voglia di fare l’amore e quando NO

Esistere è decidere di essere madri oppure di non esserlo

Esistere è poter viaggiare da sola

Esistere è esprimere quello che si pensa

Esistere è esprimere quello che si sente

Esistere è esprimere la propria opinione

Esistere è uscire con le amiche

Esistere è avere un proprio conto corrente

Esistere è andare a trovare i miei parenti quando si ha voglia

Esistere è perdonarsi gli errori

Il diritto di esistere è un diritto di nascita: significa essere nel mondo come si è.

ANGELA SCALESE FEMMINISTA

INTERVISTA A COLETTE SOLER

Su amore, desiderio e godimento nell’epoca del capitalismo

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Colette Soler, allieva di Lacan, filosofa, psicoanalista e autrice di opere fondamentali nel campo della psicoanalisi, ci regala una meravigliosa intervista in occasione di un ciclo di conferenze tenute a Buenos Aires, Argentina, la prima delle quali ha avuto luogo presso la ex ESMA, il Museo di Buenos Aires sulla memoria storica a difesa dei diritti umani e a testimonianza dei delitti commessi durante la dittatura argentina.

É importante per me parlare in un luogo come questo perché si tratta di un luogo della memoria che ha l’intento di conservare la memoria delle vittime. Allora è sempre importante, nella storia in generale, ma anche nella psicoanalisi, combattere contro l’oblio. In effetti ci proviamo e lottiamo per non dimenticare ma bisogna dire che non è facile. Alcuni giorni fa ho ascoltato uno storico che diceva qualcosa di molto forte:”Insegniamo la storia ma la storia non insegna nulla posto che le società stanno sempre nel tempo presente”. Ritengo sia nostro dovere non dimenticare di generazione in generazione. La psicoanalisi è erede dei diritti umani” dichiara la prestigiosa psicoanalista francese che fu membro dell’École freudienne di Parigi, fondata da Jacques Lacan e, in seguito, dell’École de la Cause freudienne.

-Certamente, perché la psicoanalisi è sempre stata contro qualunque forma di totalitarismo…

-Assolutamente. Il totalitarismo rende la psicoanalisi impossibile in quanto in psicoanalisi ascoltiamo la parola di ogni soggetto, indipendentemente da sesso, età, struttura. Perciò è una pratica che appartiene alla valorizzazione dell’individuo nel campo dei diritti umani.

-Come possono collaborare psicoanalisi e memoria storica?

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Puntata 1: Ansia e attacchi di panico

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E’ ora disponibile la prima puntata della trasmissione radiofonica °Effettocortocircuito in onda tutti i giovedì alle ore 17 sulle frequenze di Radio Città del Capo 96.250.

Basta un clik in fondo a questa pagina per riascoltare il podcast della prima puntata. http://www.radiocittadelcapo.it/archives/effetto-cortocircuito-lo-sportello-psicologico-per-i-giovani-da-oggi-e-on-air-su-radio-citta-del-capo-184612/

La psicologia e lo sport

Sono nato persona o sono nato atleta?

Di fronte alla dichiarazione della mia professione mi sono capitate reazioni di paura, magari di essere ipnotizzati seduta stante, oppure di padronanza dell’argomento. Perfino Freud si era accorto che “quando in un salotto si parla di psicologia, ciascuno si ritiene in diritto di dire la sua perchè, in quanto essere umano, dispone di pensiero e ragione“.

E’ opportuno allora fare un po’ di chiarezza intorno a ciò che è psichico in generale e intorno alla psicologia dello sport in particolare.

C’è una componente molto sana nel rivolgersi ad uno specialista (che sia uno psicologo o uno psicoterapeuta) per farsi aiutare ad affrontare un momento difficile, proprio come andare dal dentista quando ci si accorge di avere una carie.

La psicologia dello sport, come branca della psicologia, è atta a formulare basi scientifiche su allenamento, prestazione, competizione. Si applica sia all’atleta evoluto che all’osservatore interessato, passando per le attività scolastiche ed educative. Molti soggetti, infatti, hanno intuito quanto le proprie risorse personali, e quindi anche quelle psicologiche, possano influire in maniera determinante sul raggiungimento di un risultato. Viene quindi sfatata la diceria che campioni si nasce: se è vero che il talento non si inventa è possibile coltivare la capacità di crescere e sviluppare le nostre risorse personali.

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Bullismo e cyberbullismo: storie dei ragazzi di tutti i giorni

“Genitori Informati”, conferenza a Cervia del 22 Febbraio 2017

Bullismo/cyberbullismo

Di giovani ne ascoltiamo tanti e di età diversa e molto spesso accade raccontino che, in passato o nel presente, hanno sofferto di episodi di bullismo/cyberbullismo. Pochissime volte è accaduto che un soggetto venisse da noi in terapia dicendo di essere un bullo o un cyberbullo e che questo fosse motivo di sofferenza. Il fenomeno, preso dalla parte del bullo, apparentemente non provoca disagio, non isola, non fa sentire il ragazzo o la ragazza triste, depressa.

Anzi, possiamo dire che essere un bullo è quasi una soluzione. Diventi leader di un gruppo, ti senti forte, gli altri ti seguono, ti spalleggiano, preferiscono stare dalla tua parte piuttosto che essere presi in giro. Partiamo da una prima domanda: essere un bullo è una possibile soluzione a cosa? Alle sofferenze che il ragazzo prova. Per esempio, andando nelle classi, alla domanda chi è il bullo e chi è la vittima, sempre, e dico sempre, i ragazzi alzano la mano. Non è qualcosa di cui ci si vergogni, non è qualcosa di segreto nel gruppo dei pari.

Si sa sempre nel gruppo chi è il bullo e chi è la vittima. Nell’età dei vostri ragazzi, l’adolescenza, periodo in cui il giovane comincia a cambiare sul corpo, a non essere più il vostro bambino/a che vestivate, che ascoltava ogni vostro consiglio o rimprovero, inizia a farsi le proprie idee sul mondo, a desiderare di separarsi un po’ dalla parola dei genitori e allora, proprio in questo periodo, così nuovo e difficile, il gruppo dei pari diventa fondamentale.

Si ascoltano gli amici, non i genitori, ci si veste come gli altri, si parla tutti nello stesso modo e si inizia a mettere una distanza dagli adulti che non capiscono il loro linguaggio, la loro musica, i loro interessi. I genitori, in qualche modo, durante l’infanzia dei propri figli, si preparano ad affrontare gli anni difficili dell’adolescenza, in cui il proprio figlio/a cambia odore, non vi guarda più con gli stessi occhi, è limitato negli abbracci, sta chiuso in camera.

Le identificazioni

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Perchè i ragazzi ci fanno così paura?

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La solitudine degli adolescenti

Dedalus, studio di psicologi a Bologna nelle ultime settimane ha avuto modo di incontrare numerosi studenti delle scuole medie e superiori di Bologna e della Romagna. Lo ha fatto attraverso la proiezione di due film ( “The beat beneath my feet” e “Cyberbulli-pettegolezzi on line”) in cui i protagonisti erano degli adolescenti alle prese con la loro vita, le loro difficoltà, i propri dolori familiari. Film molto diversi tra loro ma avevano un punto in comune: la solitudine dell’adolescente. Sì perché troppo poco si parla di come un ragazzo, a 15 anni, può sentirsi completamente solo e senza parole per esprimere la propria sofferenza

Quali sono i motivi della solitudine?

I motivi della solitudine, possono essere i più disparati: problemi familiari, difficoltà amorose, prese in giro da parte degli altri compagni di scuola, prepotenze che i ragazzi infliggono agli altri per difendersi da un dolore che non si riesce a mettere in parola. Gli studenti hanno parlato e anche tanto, il tempo a disposizione non è stato sufficiente per ascoltarli tutti e attraverso le vite dei protagonisti dei film molti di loro hanno condiviso difficoltà, insicurezze, la profonda solitudine che provano.

La percezione dell’Altro

Quello che ha colpito maggiormente Dedalus è stato che i ragazzi non hanno mai fatto riferimento agli adulti, come se nei loro problemi, nelle loro domande, nei loro dolori, l’Altro non potesse fare nulla, non fosse in grado di ascoltarli e di aiutarli ad uscire da situazioni complicate come le prese in giro su whatsapp, in classe o i ruoli e le maschere in cui i ragazzi sono incastrati e che li fanno stare male. Negli studenti che abbiamo incontrato è emerso che loro non aspettano più la risposta dell’ Altro, come se dall’adulto non si aspettassero nulla se non di tenerlo tranquillo e di non angosciarlo. Cosa è accaduto agli adulti? Quando hanno smesso di parlare con i ragazzi? Perchè gli adolescenti sono così intimoriti dalle fragilità dell’Altro tanto da non caricarlo delle loro preoccupazioni?

Genitori e figli: il tempo dell’ascolto

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L’appuntamento al buio che diventa un incontro

i musicisti

Un’altra edizione di “ Attenti al lapsus” si è conclusa.

Quest’anno Dedalus si è dedicato alla precarietà, alla dipendenza dal gioco e più in generale allo smarrimento che può investire un soggetto nel corso della propria vita. Alla base della crisi c’è sempre l’esperienza della perdita che abbatte il soggetto, scaraventandolo per terra, prosciugandogli tutta l’energia vitale. Il dolore, la frustrazione diventano i protagonisti della quotidianità e la persona colpita si isola in una bolla di solitudine. Il mondo rimane fuori sempre più distante e difficile.

L’energia pulsionale del soggetto colpito dalla crisi non viene più impegnata su nessun oggetto, meta fondamentale per il soddisfacimento, producendo di conseguenza, un ingorgo libidico che rimane inespresso. C’è chi sperimenta “la sua crisi”, per esempio, con la perdita del lavoro, chi con il gioco d’azzardo perdendo tutti i soldi che ha e soprattutto quelli che non ha, arrivando a giocarsi letteralmente la vita; chi con la perdita di un amore che gli offre un’identità o viene schiacciato nelle relazioni dai giochi di potere e nonostante ciò rimane in quelle relazioni anche quando un posto per il soggetto lì non esiste più, reiterando all’infinito l’esperienza della perdita.

La precarietà è stato il filo conduttore della rassegna, parlandone prima, poi cantandola e ballandola. Ogni serata è stata diversa e irripetibile. Ogni nostro ospite aveva una storia da raccontare e da suonare. Il pubblico è stato sempre differente. Ogni volta c’era qualcuno che iniziava a ballare. Tante persone di una certa età, si sono alzate dalle loro sedie concedendo al proprio corpo di “sfogarsi” e di prendere parte allo spettacolo.

È stato un appuntamento “al buio”: non c’era copione, non era scontato il successo, l’unica informazione per ogni serata che trasmetteva l’altoparlante della festa dell’Unità era “ alle 21:30 presso la Red Square Attenti al lapsus”. Continua a leggere