La reputazione on line
Guardavo nuovamente una puntata di Catfish, era incentrata sul tema della reputazione on line. È un tema ampiamente affrontato soprattutto dalle agenzie di comunicazione web: controllare la reputazione, creare la reputazione, valutare la propria reputazione, verificare la reputazione altrui.
Tema affrontato ma non discusso, anche il termine “buona” viene omesso come se fosse implicito, scontato, come se andasse da se.
Il reale e il virtuale
Ultimamente sembra che la reputazione sia una questione legata in modo quasi esclusivo alla realtà virtuale. Non si ascoltano più i genitori raccomandare i ragazzi rispetto a questo a scuola, in palestra, agli scout al bar. I genitori non dicono quasi mai ai ragazzi di oggi che hanno rovinato la reputazione alla famiglia con i loro comportamenti. On line la questione sembra diventare improvvisamente di estrema importanza. Lo vedono tutti. Non si cancellerà mai più dal web. Per anni si troveranno queste tracce di te. Ogni datore di lavoro cerca informazioni su internet. Qualunque persona nuova che conoscerai metterà il tuo nome su google per vedere chi sei.
La reputazione così torna, dopo anni, a farsi viva nei discorsi tra le generazioni. Addirittura ci sono persone pagate per aiutarti a creare una reputazione tua o della tua azienda sul web.
Reputazione e immagine
Ma cos’è questa reputazione? È l’immagine?
Non confondiamoci. Sovrapporre questi termini non è corretto, vale dunque la pena distinguerli adeguatamente.
L’immagine è il riverbero del soggetto, la proiezione, il suo abito, la sua mascherata. Un soggetto non se ne può andare nudo per il mondo e dunque per forza deve avere un’ immagine che gli permette di relazionarsi, di avere un qualsivoglia contatto con gli altri.
La reputazione invece è ciò che gli altri pensano di questa immagine che il soggetto si porta addosso, quello che percepiscono, quello che a loro arriva, quello che vanno a dire in giro, quello che giudicano.Il buco della comprensione
Dunque tra immagine e reputazione c’è un buco, una voragine strutturale, creata dall’impossibilita stessa di comprendersi o nel migliore dei casi, comprendersi del tutto.
Quindi da un lato abbiamo una dimensione della realtà dove l’edonismo imperante impone di infischiarsene di quello che pensano gli altri di noi, dall’altro on line ci troviamo a pagare delle persone perché ci costruiscano una reputazione.
Qualcosa non torna. Ed è un qualcosa che non possiamo evidentemente a questo punto liquidare con la solita frase che solitamente sta sempre bene su tutto: viviamo nella società dell’immagine.
La mascherata per l’Altro
Sarebbe importante comprendere se l’immagine con cui ci vestiamo dice a noi qualcosa che sentiamo che ci riguarda sul serio, che rappresenta ciò che abbiamo dentro o semplicemente è una risposta alle opinioni dell’altro, al suo giudizio morale al suo presunto desiderio su di noi.
Per tornare a Catfish e a tante delle ragazze che vengono da noi psicologhe di Dedalus a Bologna; caricare foto e video in cui si mostrano poco vestite e disinibite le riguarda, le rappresenta?
Mettersi la maschera della ragazza disinibita, che ha un rapporto apparentemente libero con la sessualità è il vestito che vogliono indossare per andare all’incontro con l’altro?
O si stanno vestendo in questo modo perché credono che sia ciò che l’altro desidera da loro, quello che l’altro spera di incontrare in una ragazza?
La questione della reputazione on line spesso è una problematica legata alla posizione femminile. Non tanto anche qui perché gli uomini possono fare quello che vogliono e le donne invece vengono subito viste come delle ragazze facili. È femminile perché è la donna più esposta al rischio di rispondere al desiderio dell’altro mettendoci di mezzo il corpo. O per dirla meglio: è la donna che mette la carne in gioco nella partita con l’altro.
Il corpo oggetto
Quante volte ascoltiamo anche su www.dedalusbologna.it le più giovani raccontare di una corpo messo nelle mani dell’altro dopo averlo anestetizzato, per staccarlo dalla propria anima, tramite l’uso di alcol e droghe.
Se fai la santarellina non ti guarda nessuno, sei una sfigata. I ragazzi se non ci stai poi non ti cercano più.
Il corpo diventa un dono, un oggetto qualunque da regalare all’altro pensando che sia quello ciò che gli interessa, ciò a cui punta.
Capiamo bene che la questione in gioco dunque è ben più importante: è la carne ad essere in pericolo sul serio non la reputazione. È la carne che diventa immagine per l’altro non riflesso di se, una carne morta che non dice niente di chi la abita ma diventa la bambola da far vestire a chi la compra.
Lo scandalo non è la reputazione che crolla ma il corpo che si stacca dal soggetto e diventa uno dei possibili oggetti di scambio.
Internet aiuta in questa illusione, il corpo diventa virtuale e lontano dal soggetto che scrive, che posta i suoi video e le sue foto. Il corpo è illusoriamente oggetto altro, oggetto scarto, oggetto da cui si può prendere le distanze.
Anima e corpo
Tra i più giovani è molto facile incontrare nei testi delle loro chat insulti pesantissimi e enormi parole d’amore. Come il corpo anche le parole diventano oggetti qualunque da cui poter stare lontani, da cui poter prendere le distanze appena scritte.
L’illusione è che in rete ogni prodotto del soggetto diventi un oggetto qualunque, oggetto tra i molteplici senza legami col proprietario.
Questo é un tratto dell’adolescenza contemporanea: la separazione dalla sua produzione dalle sue parole dai suoi discorsi, la distanza dalla sua carne.
Diceva ironicamente, un giovanissimo Vasco Rossi “prendimi l’anima ma ridammi la radio” . Oggi i ragazzi hanno l’illusione che l’anima possano conservarla intatta, che il corpo non senta niente, che mettere il corpo nelle mani dell’altro li tenga lontano da ogni sofferenza più intima.
Credono di gestire le relazioni con uno scambio di oggetti senza scoprirsi come soggetti, mantenendosi intatti, integri, immuni da ogni sofferenza che inevitabilmente il rapporto con l’altro porta.
Non è la reputazione dunque ad essere davvero in gioco è piuttosto il corpo abitato dal soggetto ad essere sul serio in pericolo.
Con l’illusione di non perdere niente della propria anima i ragazzi rischiano di perdere la propria vita, di perdersi.
La verità inconscia
Ci insegna la psicoanalisi che il corpo è per le donne il luogo dei sintomi, che soprattutto il corpo della ragazze parla, dice la verità inconscia, nascosta nell’anima. L’adolescenza contemporanea con l’ausilio dei social, sembra aver l’illusione di farla in barba alla psicoanalisi e di liberare il corpo dall’inconscio.
Ma è un’illusione e il peccato che compiono gli adulti è quello di crederci, di rimanere imbrigliati in questo luccichio adolescenziale dell’onnipotenza anche loro.
Importante insegnare ai ragazzi che si può perdere l’anima per qualcuno, non succede nulla, si sopravviverà, si può perdere l’anima senza perdere la vita, senza perdersi.