FRANÇOIS ANSERMET: “VERSO LA SINGOLARITÁ RITROVATA”

Ansermet

Il massimo esponente della psichiatria infantile ginevrina, oltre che psicoanalista, si rammarica della tendenza corrente verso una psichiatria standardizzata che rimuove il soggetto. O sul perché bisogna salvare la psicoanalisi.

Le Temps: Cosa ne pensa di questa suddivisione infinita delle diagnosi psichiatriche?

Ansermet: Stiamo assistendo ad una certa medicalizzazione della condizione umana ed il fenomeno va oltre il DSM. Tutti i medici devono confrontarsi con pazienti che trasformano in domanda di medicalizzazione i disagi dell’esistenza. Il British Medical Journal ha individuato i più menzionati: l’età, la noia, l’ignoranza, la bruttezza, l’ angoscia sulle dimensioni del pene.. 

Il suo collega francese Angès Aflalo ha scritto un libro intitolato “L’Assassinat manqué de la psychanalise” (Il tentato assassinio della psicoanalisi NdT). Il DSM ha partecipato all’attentato?

-Sì, nella misura in cui promuove una psichiatria standardizzata che rimuove il soggetto. Quello che colpisce è il declino della clinica, ovvero dell’approccio che considera ogni paziente un soggetto unico e singolare. E che tenta di articolare questa singolarità con il generale. La psicoanalisi è oggi forse l’ultimo baluardo della clinica. In questo senso ritengo che la psicoanalisi possa costituire una prospettiva futura per la medicina.

-I venti tuttavia non sembrano soffiare in questa direzione…

-Io guardo avanti. Vedo le neuroscienze andare incontro alla psicoanalisi sull’idea che ogni essere umano è unico e singolare: hanno perfino scoperto che l’esperienza lascia una traccia nella rete neurale. A partire da questa scoperta il futuro punterà verso la singolarità ritrovata.

-Eppure se ci sono solo esseri unici non è possibile né fare paragoni né fare ricerca. Siamo allora all’interno di quella casualità che viene combattuta dai creatori del DSM.

Non proprio, perché la clinica può ammettere una classificazione internazionale. Quello che si fa nella clinica è di appoggiarsi al generale per comprendere meglio il particolare, non ci sono contraddizioni.

È dunque un grave errore oggi mettere in discussione la psicoanalisi?

No, evidentemente la psicoanalisi è in parte responsabile. Negli ultimi decenni sono comparse nuove forme di disagio individuale e le associazioni di psicoanalisi non hanno sempre saputo far fronte alle difficoltà che queste nuove forme comportavano. Quando ho iniziato la mia pratica clinica vedevo adolescenti che non si sentivano bene nella loro pelle, paralizzati da una visione idealizzata dell’amore.

Oggi vanno in discoteca per fare “una sveltina” e si angosciano di non provare alcuna emozione. Oppure soffrono di iperattività o deficit d’attenzione, che sono mali dell’epoca contemporanea.

-Fermiamoci un attimo su questo esempio: molti genitori si lamentano del dogmatismo dei “terapeuti freudiani” che si rifiutano di entrare nella questione che riguarda la prescrizione dei farmaci…

-Questo rifiuto è ingiustificabile. La domanda, per quello che riguarda l’iperattività, non esisteva in questo modo trent’anni fa.

Oggi si hanno delle opinioni su questa sindrome e sulle sue cause. È diventata una realtà per alcuni pazienti e le loro famiglie: è da qui che bisogna partire. In caso contrario si perde il paziente.

In pratica, come si comporta lei davanti ad un bambino iperattivo?

È possibile suggerire un trattamento farmacologico, che non significa non preoccuparsi di ciò che succede nella sua vita: non esiste un’esclusione reciproca tra lo psichico e il somatico, non si può essere dogmatici!

E nemmeno oscurantisti!

È proprio in questo che la psicoanalisi ha peccato, il dogmatismo, la tentazione dell’onnipotenza…

È vero che negli anni 70 e 80 ha esercitato un considerevole potere di attrazione, di cui probabilmente paga il prezzo ancora oggi. Sembrava potesse fornire qualunque interpretazione a partire da un certo numero di “a priori”. Ma questo mostrava una specie di sclerosi assolutamente contraria all’etica di Freud: la psicoanalisi non è una visione del mondo, ci ricorda. Al contrario, offre degli strumenti straordinari per pensare l’umano, oggi come domani.

Intervista pubblicata sul sito www.letemps.ch il 7 febbraio 2019

Tradotta dal francese dalla dott.ssa Gloria Barioni

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