Testo della Conferenza “Adolescenti on line”

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Quando ho ricevuto l’invito a partecipare a questa serata, in cui credo molto, mi ha colpito il fatto che abbiate invitato, a parlare a voi genitori, tre persone che di Internet hanno fatto una risorsa, un luogo di lavoro e di desiderio.

A parlare con i ragazzi, invece, avete mandato la Polizia, la norma, la legge.

Durante questo mio breve intervento proverò a dimostrarvi come, secondo la psicoanalisi, sarebbe stato meglio fare il contrario: far parlare i relatori di questa sera con i ragazzi e la polizia con voi genitori.

Questa annotazione ci porta immediatamente al cuore della questione: tenere insieme legge e desiderio è la problematica centrale dei genitori degli adolescenti.

Ancora più precisamente, tre sono le cose che i genitori di adolescenti dovrebbero provare a tenere insieme: LEGGE, DESIDERIO E GODIMENTO.

L’ adolescenza è un tempo nuovo, inedito per il soggetto. Per anni la psicologia e la psicoanalisi hanno creduto che fosse un tempo in cui si rimettevano in campo le carte accumulate negli anni dell’ infanzia. Ora sappiamo che non è così.

Qualcosa di reale si manifesta, qualcosa di reale viene a sconvolgere tutto il sapere acquisito fino a questo momento ed è…il reale del corpo.

Il corpo in pubertà cresce, cambia, diventa luogo di pulsioni nuove e se, fino ad ora, i genitori si erano occupati dei bisogni relativi ad esso, da questo momento diventano improvvisamente insufficienti. Il ragazzo chiede per la prima volta qualcosa al di là di loro, del loro amore e del loro sapere: chiede l’amore degli amici, dell’ altro sesso. Si rivolge dunque, per la prima volta, non a qualcuno che ha una posizione di sapere, di superiorità, ma interroga il simile, il coetaneo, il pari.

La psicoanalisi ci insegna che il fantasma adolescenziale per eccellenza è quello di tenere l’adulto fuori dalla porta, provare a vivere facendo a meno di lui.

Internet è dunque, da questo lato, il luogo dove inscenare al meglio questo fantasma. E’ il teatro più adatto per recitare questa fantasia.

In internet non c’è, si direbbe psicoanaliticamente, il grande Altro, cioè colui che è in un piano altro, in un piano di “potere”, di “sapere superiore”.

La storia stessa di internet ci indica questo: l’Altro è fuori, le multinazionali, lo strapotere economico di pochi eletti sono ciò che si combatte. Ciò che muove le persone che frequentano internet e che ne fanno un luogo di desiderio, di passione è l’idea dello scambio generalizzato, del tutto libero, della cooperazione per migliorarsi, per raggiungere uno scopo.

Su internet si è tutti uguali, età, classe sociale, denaro, vengono spazzati via dal virtuale. L’unica cosa che rende diversi, la sola cosa che caratterizza veramente le personalità in internet sono le competenze, le risorse, i talenti.

Facciamo un esempio concreto, pensiamo alla modalità di conversazione della comunità virtuale: o si parla in coppia, in un luogo segreto, isolato, privato che è la chat, oppure si parla tramite i “post” cioè un elenco di pensieri scritti da soggetti diversi che si susseguono. Rimangono tutti registrati, sempre leggibili, sempre presenti. Così in queste conversazioni globali chi è più competente, chi è più informato, confuta i post precedenti e cattura l’attenzione, diventa riferimento per nuovi post.

Come vedete l’ Altro non c’è, l’ Altro con la A maiuscola non esiste, non solo è fuori gioco, ma non manca, non è desiderato, non c’è nostalgia di lui.

L’ Altro è fuori da internet.

Pensiamo ai famigerati gruppi su Facebook di cui i giornali si occupano molto: ne nascono in continuazione e quelli più chiacchierati sono sempre contro o a favore di un soggetto esterno: da chi si unisce per donare un neurone a Flavia Vento, a chi inneggia a colui che ha tirato la statuetta del Duomo a Berlusconi.

Questa è l’ adolescenza! Il gruppo dei pari fa di tutto per tenere fuori l’Altro ed ha come suo fondamento l’amore o l’odio per esso.

Ecco dunque la prima questione: i genitori sono fuori dalle dinamiche on line. E’ quello per cui soffrite, no? E’ quello per cui ci avete chiamato questa sera, è il sottotitolo di questa conferenza. Siamo fuori dai giochi, come facciamo?

Eccoci allora tornati ad una delle tre questioni che citavamo all’ inizio: la legge.

I genitori, quando i figli diventano adolescenti, perdono potere, la loro parola, ciò che prima per i ragazzi era legge, comando, guida, viene all’improvviso contestata e ancora peggio messa fuori gioco.

Non sapere nulla di cosa i propri figli fanno fuori casa, o ancora meglio in casa, mentre sono su internet, è un’ angoscia grande. Fa sentire impotenti, mette a confronto col pericolo, con l’ignoto, con l’impossibilità del controllo.

Sono sicura che alcuni di voi stanno tirando un sospiro di sollievo: mio figlio mi racconta tutto, non ci sono segreti tra me e lui.

La psicoanalisi ci insegna che anche questo è un problema, è un grande problema, è lo stesso problema …. perché non è il controllo ad essere in gioco con gli adolescenti, non è il sapere rispetto alle loro azioni, non si è genitori più o meno validi se si conoscono più o meno cose riguardanti i propri figli adolescenti.

Dunque non è il controllo che serve come prevenzione!!!!

Mi viene in mente una mia paziente: ha 16 anni, è venuta da noi in Dedalus più di un anno fa … soffriva perché la sorella faceva le cose di nascosto era una trasgressiva, eccessiva. Lei invece era una brava ragazza, morigerata, voleva dire tutto ai genitori, raccontare ogni cosa. Non capiva perché la sorella così terribile fosse però piena di amici e fidanzati, mentre lei fosse sola, senza amici, sola rispetto ai pari.

C’è stato il tempo in cui si lamentava. Diceva che, per essere accettati dagli altri, bisognava per forza essere trasgressivi: fumare, uscire, bere … e per essere amate dai ragazzi bisognava per forza essere libertine, pronte a tutto.

L’ altro giorno è venuta in seduta e mi ha detto che la sorella ha raccontato ai genitori di avere avuto il primo rapporto sessuale. Quella è matta, mi ha detto, queste cose non si dicono, c’è un limite.

Sta meglio, sta molto meglio, è piena di amici e fidanzati, non per questo ha smesso di essere la brava ragazza di prima. Non ha accolto nessun comportamento deviante della sorella, non ha avuto il suo primo rapporto sessuale, perché dice di non aver ancora trovato quello giusto.

Ha fatto una cosa però, la più importante di tutte: ha sopportato la separazione.

E’ la separazione ad essere in gioco in adolescenza … la separazione dal corpo dell’infanzia, dall’ immagine amata dai genitori, dalla loro parola, dal rapporto idealizzato di prima.

Ci si separa per trovare la propria strada, per cercare qualcosa che ci fonda come soggetto unico, particolare, irripetibile al di là della parola dei propri genitori.

I genitori hanno lavorato molto, ha lavorato molto la mia paziente, ma hanno lavorato molto anche i genitori: hanno sopportato la separazione, il nuovo stato di cose.

E’ difficile accettare uno psicologo per dei genitori di adolescenti, è difficile accettare un luogo che accoglie le parole di loro figlio al di là di loro … così, allo stesso modo è difficile accettare internet.

Dunque il tempo della pubertà è un tempo in cui i genitori devono apprendere un nuovo modo di rapportarsi con la legge: abbiamo visto che, sia che si diventi “genitori amici”, sia che si diventi “genitori proibizionisti”, ci sono delle difficoltà con i propri figli e nessuna delle due posizioni è sufficiente per un programma di prevenzione.

Ecco che arriviamo dunque di filata all’ argomento più complicato: declinare la legge con il desiderio ed il godimento.

Abbiamo appena visto che dire di no non è sufficiente, così come dire di sì, dunque portarsi il cavo del collegamento internet nella borsa o pagare la connessione flat non sono comunque due possibili soluzioni.

La questione si complica.

I genitori hanno un compito fondamentale in questo momento ed è la testimonianza. La testimonianza intesa come passaggio di testimone, come fare della propria vita un esempio.

Cosa bisogna testimoniare?

Bisogna testimoniare la passione: per un ideale, per un lavoro, per un hobby … la passione per la vita

Qualche giorno fa un mio paziente adolescente era preoccupato per il suo migliore amico: non è appassionato di niente, mi diceva, perché esser appassionati vuol dire che la cosa che ti appassiona ti contagia, pervade anche gli altri spazi della vita … se ami lo snowboard ti vesti come uno snowboarder, guardi quali sono le tavole migliori su internet, partecipi ai forum sullo snow, controlli i posti in cui c’è la neve giusta …

Ecco allora che anche internet può essere un luogo in cui coltivare la propria passione, in cui incontrare persone che hanno la tua stessa passione.

Non è col padre o la madre che si condivide la passione, la si condivide con gli amici, con maestri al di là della famiglia. Con i genitori però si condivide l’essere appassionati, essere pieni di desiderio, essere contagiati …

Questo è il compito etico essenziale dei genitori in adolescenza: mostrare che c’è spazio per la passione, per il desiderio nonostante la legge, anzi c’è spazio per il desiderio proprio grazie alla legge.

Questo è il punto più “scabroso” del mio discorso stasera, il discorso non è mio, è di Freud e la questione che entra in gioco ora, quella che ci interessa stasera è quella della “pulsione di morte” o, per dirla con J. Lacan, “del godimento.”

La psicoanalisi utilizza questo termine in un’ accezione specifica, per stasera accontentiamoci di riferirci alla parola godimento pensando alla sua parte più negativa: godimento autistico, mortifero, fine a se stesso.

Se la passione non si articola con la legge, se il desiderio non si articola con il limite si trasforma in godimento, nel senso di godimento mortifero, autistico, non produttivo, fine a se stesso.

Internet sicuramente è un luogo” rischioso” in questo senso. In internet non ci sono limiti infatti: non c’è spazio, non c’è tempo, non ci sono gerarchie, non c’è età, soprattutto non c’è il corpo.

Il corpo, che in questo tempo della vita appare con tutte le sue novità, con tutti i suoi misteri, in internet non è messo in gioco, il corpo non incontra nessun corpo, il corpo non è stanco, non è sporco, non è malvestito … è fuorigioco.

Si può stare a navigare in internet in pigiama, spettinati, con il libro di matematica aperto, con la stanza in disordine.

Quando si accede ad internet non ci si prepara per l’incontro, non ci si fa belli, non c’è bisogno di aver fatto pace con la propria immagine allo specchio.

Tenere il corpo fuori dalle relazioni è un modo per per provare ad aggirare la fatica del rapporto con gli altri, la delusione, il rifiuto, l’angoscia che certe nuove sensazioni portano inevitabilmente con sé.

Il corpo dunque è un limite, fa da limite, organizza le pulsioni, le confina, le ordina. Con il corpo fuori gioco il rischio è che il limite decada e il desiderio lasci spazio alla sua connotazione più pericolosa: il godimento.

Facciamo un esempio molto semplice: se una giovane adolescente desidera innamorarsi, fare incontri con l’altro sesso, può decidere di utilizzare internet come mezzo per questo incontro. Se però il corpo le fa paura, non le piace, l’ angoscia, trascorrerà tutto il suo tempo sulle chat o sui social network, ma non incontrerà mai nessuno nella vita reale, non si innamorerà mai davvero, non farà mai l’amore, non si metterà alla prova in una relazione. Il desiderio dunque, il desiderio di fidanzarsi si trasforma in godimento, godimento del chattare, del collezionare un maggior numero possibile di contatti …

Per tornare al nostro snowboardista di prima, se non mette in gioco il suo corpo con i suoi limiti, con le sue paure di farsi male, di non essere abbastanza bravo non partirà mai per la montagna, non troverà mai la neve giusta o la tavola giusta da comprare, trascorrerà il suo tempo a cercare, a discutere sui forum.

Cosa deve testimoniare dunque l’adulto, come può passare qualcosa del desiderio?

Bisogna che l’adulto per primo accetti il limite del corpo, del corpo che invecchia, del corpo che non è onnipotente, del corpo che sa fermarsi di fronte alla stanchezza. Per dirla meglio, per dirla con Lacan: bisogna che accetti la mancanza che costituisce la vita stessa, che accetti la caducità della vita, il trascorrere del tempo e ne faccia una risorsa.

Deve promettere dunque al figlio che si può godere della vita, si può desiderare, si può costruire ciò che si ama.

Un padre che testimonia l’amore per la propria moglie, nonostante questa invecchi, è un padre che dà prova di questo.

Una madre che si curi, si renda bella e desiderabile per il proprio marito, è una madre che dà testimonianza di questo.

Dunque un modo che hanno i genitori per articolare legge, desiderio e godimento è l’accettazione della propria mancanza, delle proprie difficoltà, dei propri limiti e, nonostante questi, anzi, grazie a questi, riuscire a godere della vita, a costruire, a progettare, a creare.

Ecco,dunque, che torniamo alla questione che ho posto all’inizio di questa conferenza: invertire gli interventi, lasciare che i ragazzi possano incontrare la testimonianza di chi ha fatto di internet un luogo in cui mettere in campo il proprio desiderio.

Parlo per noi: il nostro desiderio è quello di essere per i ragazzi un’ occasione, un incontro, una svolta, essere il posto vuoto che permette la creazione soggettiva singolare.

Come mettere in campo questo su internet facendo i conti col limite che il virtuale ci offre? Come tenere fede al nostro desiderio facendo i conti con i limiti che questo mezzo ci impone?

La questione ci ha appassionato, abbiamo studiato, ci siamo riuniti, abbiamo invitato esperti … poi abbiamo creato la nostra modalità, ci siamo dati le nostre regole, i nostri limiti da rispettare in questa realtà virtuale.

Quando i ragazzi si trovano in un prato riescono a giocare una partita di calcio anche se il campo da calcio non c’è: con le regole che hanno acquisito prima e delimitando il campo di gioco con le maglie e gli zaini.

Questa noi crediamo che sia la via della prevenzione: trasmettere loro gli strumenti per giocare il gioco, spiegar loro le regole, rispettarle noi stessi e rifornirli di maglie che possono usare per coprirsi o per farli diventare i pali di una porta di calcio.

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